In Francia 133 manifestazioni, prova di «convergenza delle lotte»
PARIGI. Dialogo tra sordi, ieri in Francia. La Cgt, assieme a Solidaires, ha organizzato in tutto il paese 133 manifestazioni, in una giornata di mobilitazione sindacale, con l’obiettivo della «convergenza delle lotte», tra i ferrovieri (ieri in sciopero), Edf (azioni di tagli mirati alla corrente), funzione pubblica di tutte le categorie. Con gli studenti venuti a dare man forte. Dall’altro lato, il governo non guarda in faccia nessuno. La ministra dei trasporti, Elisabeth Borne, ieri ha ripetuto che «la riforma della Sncf (la ferrovia nazionale) andrà fino in fondo».
La partecipazione alle manifestazioni non è stata eccezionale: 5.700 a Marsiglia, dove al corteo ha partecipato anche il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, 15.300 a Parigi, qualche migliaio in molte città minori. In piazza solo Cgt e Solidaires, mentre le altre sigle sindacali, soprattutto le più moderate (Unsa, Cfdt) non concordano sulla svolta politico-ideologica presa dalla protesta. Anche il 1° maggio i cortei sindacali saranno in ordine sparso. Il 5 maggio sarà un’altra giornata di manifestazioni a Parigi, per «fare la festa a Macron», secondo la proposta di François Rufin della France Insoumise.
Il governo tira dritto, va avanti come un carro armato. «O la va o la spacca», è la strategia adottata da entrambe le parti. Il governo ha in programma di dividere il fronte sindacale. Un gruppo di intellettuali, da Etienne Balibar a Didier Daenninckx e Jacques Tardi, hanno firmato un appello «La lotta dei ferrovieri è anche la nostra lotta», per sostenere la battaglia di fondo a favore dei servizi pubblici, dopo aver lanciato nei giorni scorsi un crowdfunding a favore dei ferrovieri in sciopero, che ha ormai superato gli 800mila euro. È in corso un ridimensionamento dei corpi intermediari, Macron ha fretta di «riformare» e non vuole perdere tempo a discutere con i diretti interessati. Se si votasse adesso, però, sarebbe rieletto con una percentuale maggiore, dice un ultimo sondaggio. L’opinione pubblica è un fattore non trascurabile in questo scontro.
Nelle università continua il movimento contro il nuovo sistema di entrata nelle facoltà, Parcoursup, e contro la nuova legge Ore (orientamento e riuscita). Nanterre resta bloccata, Tolbiac occupata. Dei docenti hanno firmato una petizione che appoggia gli studenti, altri hanno risposto chiedendo lo svolgimento regolare degli esami. Gli studenti accusano il Parcoursup di creare un meccanismo di «selezione», perché per iscriversi all’università dovranno rispettare delle «attese» di conoscenza, con il rischio di accentuare le differenze tra università e tagliare fuori gli studenti che provengono da licei meno qualificati. A Strasburgo, in un voto in linea degli iscritti al 70% hanno votato contro il blocco. Una forma di selezione esiste da tempo, il 65% degli iscritti al primo anno di licenza non arriva alla fine dei 3 anni nei tempi dovuti.Gli studenti hanno partecipato ai cortei. Al mattino, le manifestazioni si sono svolte nella calma. Ma nel pomeriggio, ci sono stati alcuni incidenti, a Rennes, Lille e, soprattutto, a Parigi. Solite vetrine spaccate, di banche, assicurazioni, hotel, da un gruppo di un centinaio di casseurs con il volto coperto. Lacrimogeni delle polizia in risposta, tra Montparnasse e place d’Italie.
Alla Sncf, i sindacati – tutti – ieri hanno sbattuto la porta e rifiutano ormai di partecipare agli incontri con la ministra Elisabeth Borne. Chiedono di essere ricevuti dal primo ministro, Edouard Philippe a Matignon. I sindacati contestano lo stile del governo, che non ascolta le proposte dei ferrovieri e ogni giorno aggiunge un pezzo di riforma in più: la Sncf diventerà società anonima (ma a capitale pubblico al 100%), il mercato ferroviario sarà progressivamente aperto alla concorrenza, ma ormai si sa che le assunzioni con lo «statuto» finiranno il 31 dicembre 1919 e il trasporto merci sarà «filializzato». I sindacati dovrebbero discutere il contratto nazionale, invece di aggrapparsi allo «statuto», dice il governo. «Difesa del servizio pubblico», è l’unica risposta. Altre proteste si aggregano, come Edf e soprattutto varie categorie della funzione pubblica, dove ci sarà un taglio di 120mila posti in 5 anni.
FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO
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