Sindacati in piazza in Grecia, contro stretta sugli scioperi e case all’asta
La Grecia ha dovuto fare l’ultimo, difficile sforzo per poter arrivare alla fine del commissariamento da pare dei creditori. Ieri il parlamento di Atene ha votato una serie di misure che contengono le ultime condizioni poste dai creditori internazionali, tra cui il cambiamento della legge sugli scioperi e nuove procedure per la vendita all’asta degli immobili sequestrati per debiti verso le banche. Più in concreto, per la proclamazione degli scioperi, dovrà partecipare alle assemblee il 50% degli iscritti ai vari sindacati di categoria, una misura difficile da attuare. Mentre le vendite all’asta delle case verranno fatte sul web e in base alla nuova legge, la prima casa potrà essere protetta, ma solo se non supera una certa metratura. Inoltre, per quel che riguarda i sussidi alle famiglie numerose a basso reddito, verranno aumentati gli assegni per i nuclei familiari che non guadagnano più di tredicimila euro al mese (sono la stragrande maggioranza), mentre sono previsti tagli per quelle a reddito più alto. I principali sindacati del paese, tra cui quello del pubblico impiego Adedi, del settore privato Gsee, e quello del partito comunista Pame hanno indetto mobilitazioni contro le nuove misure. Non sono mancati momenti di tensione a pochi metri al parlamento, tra un gruppo di anarchici e la polizia, schierata davanti al monumento del milite ignoto.
È fuor di dubbio, che dopo sette anni di commissariamento (procedura a cui ha dato il via nel 2011 il socialista Jorgos Papandreou), il paese sia stanco e in alcune realtà, stremato. Ma Alexis Tsipras punta tutto sul prossimo agosto, quando finirà l’ultimo piano di sostegno internazionale firmato nel 2015. Sino ad allora il paese avrà emesso nuovi titolo di stato, le alleanze a livello europeo (a partire dal già stretto rapporto con Macron) saranno ulteriormente rinsaldate e potrebbe arrivare anche un successo diplomatico, se si chiuderà definitivamente la controversia sul nome dell’ Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. La Grecia non vuole ulteriori programmi di sostegno preventivo -ipotizzati dalla Bce- e conta di potersi finanziare senza altri aiuti sui mercati. Ieri, tra l’altro, la maggioranza parlamentare si è rafforzata, dopo la decisione della ex deputata dell’Unione di Centro Teodora Megaloikonòmu di entrare a far parte nel gruppo parlamentare della Coalizione della Sinistra Radicale Greca.
Tsipras, nel suo intervento in parlamento, ha voluto sottolineare che “il paese sta entrando in una nuova fase, che darà coraggio a milioni di cittadini. Cittadini che in tutti questi anni, hanno fatto grandi sacrifici”.
Secondo il leader di Syriza, oggi non riescono a nascondere il proprio nervosismo “tutti quelli che pensavano che la sinistra non avesse un ruolo da giocare e che dovesse fuggire davanti alle difficoltà, consegnando il governo agli avversari, al vecchio sistema”. Secondo quanto previsto dal calendario europeo, lunedì prossimo i creditori confermeranno, per l’ultima volta, che il paese ha rispettato gli impegni previsti dal piano di sostegno e daranno il loro assenso per il versamento di una tranche di 6,7 miliardi di euro ad Atene. La metà della cifra dovrà essere utilizzata per ripagare i prestiti internazionali, 1,5 miliardi saranno utilizzati dallo stato per pagare fornitori e cifre dovute ai contribuenti, e 1,9 miliardi rimarrà come accantonamento per avere un margine di sicurezza. Il governo di Atene sa che i prossimi mesi, sino all’arrivo dell’estate, saranno decisivi. Soprattutto per poter riuscire a riconquistare una piena sovranità economica, dopo la fine del piano di sostegno. Per garantire, cioè, che la ex Troika non provi a trovare il modo di rimanere all’interno dei giochi, magari in modo indiretto, ma altrettanto pericoloso.
FONTE: Teodoro A. Synghellakis, Fabio Veronica Forcella, IL MANIFESTO
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