Su Pomigliano la Cgil è unita

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ROMA. Nel momento più difficile, quando anche i giornali di area «democratica» (Repubblica in testa) auspicavano che la Fiom si spaccasse, la categoria dei metalmeccanici Cgil ha fatto muro all’unanimità . Seconda buona notizia – nonostante l’asprezza del recente confronto interno del congresso di Rimini – la Cgil ha fatto propria la critica più rilevante sollevata dalla categoria: nel documento Fiat su Pomigliano, si dice in una nota della segreteria confederale, vengono «introdotti temi che coinvolgono diritti individuali che non possono essere contrapposti al lavoro», fino all’ipotesi di «violare leggi e Costituzione».
Il Comitato centrale della Fiom si è riunito ieri sotto l’assedio delle telecamere, perché la posta politica e istituzione della partita che si sta giocando sullo stabilimento campano della Fiat è «uno spartiacque» nella storia dei rapporti tra aziende e lavoratori in questo paese. Com’è noto, il Lingotto – per mantenere aperto l’impianto e investire 700 milioni – oltre a una serie di misure molto dure sull’organizzazione del lavoro (18 turni, riduzione delle pause, più straordinari «comandati», meno assenteismo, ecc), ha posto come proprie pretese «non trattabili» la possibilità  di licenziare i lavoratori che dovessero entrare in sciopero e il non pagamento dei periodi di malattia (per tutti i dipendenti) qualora il «tasso di assenteismo» dovesse superare la media. Due punti che per la Fiom e la Cgil sono irricevibili: il primo perché viola la Costituzione (il diritto di sciopero è individuale, di ogni cittadino, e nessuna organizzazione può sottoscriverne la rinuncia). Su questo la nota dalla segreteria confederale è particolarmente esplicita: «ogni firma apposta a questa clausola non è semplicemente invalida, è inefficace e inesistente». Il secondo perché viola sia la legge che i contratti in essere.
Che le diverse anime interne della Cgil avrebbero «tenuto» di fronte a questa prova lo si è capito quando Fausto Durante, membro della segreteria uscente e coordinatore riconosciuto della mozione «epifaniana» (in minoranza, nella Fiom) è uscito per dire ai giornalisti che «non è oggi il giorno in cui si spacca la Fiom, come alcuni avevano preconizzato. La Fiom mantiene un’assoluta compattezza; pensiamo che la Fiat stia sbagliando a mettere nel negoziato elementi che non hanno nulla a che vedere con la produttività . Rimuovere dal campo questi elementi impropri è la condizione per trovare un accordo. Su questo non ci divideremo».
Poco dopo, a conclusione del voto unanime sul «dispositivo» conclusivo, il segretario generale Maurizio Landini confermava la volontà  della Fiom di «arrivare a un accordo», ma «senza accettare nessun ricatto». In pratica, la Fiom oggi proporrà  alla Fiat di escludere dal documento tutte le parti costituzionalmente e legalmente «illegittime», mentre garantisce piena disponibilità  sull’organizzaione del lavoro. «Se l’obiettivo della Fiat è fare 280.000 auto l’anno, il contratto nazionale in vigore permette tutto quello che è necessario per raggiungere questo risultato», e la Fiom «non metterà  in campo nessuna opposizione». Se la Fiat dovesse invece confermare «l’irrinunciabilità » delle pretese illegittime, allora diventerebbe chiaro che «con Pomigliano si vuole imporre la cancellazione del contratto e delle leggi dello stato». A sostegno di questa posizione, la Fiom ha deciso di estendere a otto le ore di sciopero generale proclamato dalla Cgil per il 25 giugno. A meno che la Fiat non faccia un passo indietro.
Oggi si saprà  la verità . Il governo sta facendo di tutto per trasformare questa vertenza nell’occasione di un golpe contro il lavoro, i suoi diritti e le sue organizzazioni. Ma bisogna dire, sul fronte della politica, che soltanto le voci della sinistra non più parlamentare si sono levate a sostenere i lavoratori. Il Pd presenta come al solito un variegato arco di posizioni, che vanno però dall’adesione piena alle richieste Fiat (Sergio D’Antoni, ex segretario generale della Cisl), agli imbarazzati «inviti al senso di responsabilità  di tutti» (Stefano Fassina, che da un lato vede «i punti molto pesanti sui diritti fondamentali, addirittura in conflitto con la Costituzione», dall’altra ricorda che «non siamo nelle condizioni di perdere gli investimenti»). Dal segretario, Luigi Bersani, non sono arrivati lampi di chiarezza: «spero che alla fine si trovi una cosa convincente per tutti, perché l’investimento va fatto».
Nel primo pomeriggio, nella sede della Confindustria di viale dell’Astronomia, ci sarà  dunque l’incontro finale. Come ultimo sgarbo, l’azienda ha convocato tutti i sindacati, sì, ma la lettera alla Fiom conteneva la formula «per conoscenza». Al momento tutto è possibile. Se si trattasse solo di un confronto sul piano industriale, trovare una soluzione (comunque onerosa per i lavoratori) non sarebbe impossibile. Se deve diventare la falla nella diga dei diritti fondamentali, beh…


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