Wto, vertice in Argentina off limits per le ong internazionali
«Gentile partecipante, l’Organizzazione mondiale del commercio ha doverosamente accreditato la sua Ong per la Conferenza ministeriale che si terrà a Buenos Aires dal 10 al 13 dicembre 2017. Tuttavia siamo stati informati dal governo ospite che, per non specificate ragioni, le autorità nazionali di sicurezza hanno deciso di negarle l’accredito».
Con una laconica email di 20 righe, nelle quali la Wto, inoltre «scoraggia di mettersi in viaggio verso l’Argentina per evitare di essere bloccati prima dell’ingresso nel Paese» oltre 63 esperti internazionali di 30 organizzazioni della società civile che abitualmente prendono parte a questi vertici, sono stati bannati per la prima volta nella storia della Wto. E’ stato negato loro l’ingresso al vertice in cui i ministri del Commercio di oltre 160 Paesi del mondo cercheranno di sbloccare i negoziati internazionali di liberalizzazione, tra i più in crisi di tutti. Gli Stati uniti di Trump, infatti, hanno impedito, sempre per la prima volta, agli altri governi di aprire il vertice con un documento di impegni comuni per l’evento. I tavoli, in particolare sul taglio ai sussidi all’agricoltura e sulla pesca, sono bloccati da veto incrociati, e il tentativo di aprire una nuova discussione sulla facilitazione dell’e-commerce è fortemente avversato da governi emergenti, sindacati e ong per le potenziali violazioni alla privacy dei dati personali e l’accelerazione a una legislazione più «amica di Amazon» che potrebbe innescare.
In questa cornice già difficile, l’Argentina si appresta ad assumere la presidenza di turno del G20. Sbarrare la strada a organizzazioni internazionali come il sindacato Uni e Friends of the Earth International, l’inglese Global Justice Now!, l’olandese Transnational Institute, 11.11.11 basata a Bruxelles, oltre alle argentine Instituto del Mundo del Trabajo, Siemenpuu, Fundación Grupo Efecto Positivo e Sociedad de Economía Crítica, la cilena Derechos Digitales e il Brazilian Network for People’s Integration, Rebrip, getta un’ombra sulla trasparenza e democrazia di tutti gli eventi che verranno e che il premier Mauricio Macri voleva utilizzare come vetrina internazionale per il suo governo. Se l’intenzione era quella di scoraggiare le azioni dei movimenti che nel coordinamento «Fuera Omc» puntano a fare del vertice «una nuova Seattle», l’obiettivo non è stato raggiunto. In queste ore, infatti, oltre 100 organizzazioni argentine e internazionali hanno rilanciato l’appuntamento per la Marcia delle Madri che da Plaza de Majo il 7 dicembre aprirà i dieci giorni di presidi e incontri pubblici per rinforzare il «no» alla Wto e agli altri trattati in dirittura d’arrivo.
Il governo italiano, che nella cornice del vertice aveva in programma una serie di iniziative di promozione del Made in Italy e degli scambi con l’Argentina, ancora non si pronuncia, mentre in Europa il gruppo Gue/Ngl e il M5S, sollecitati anche da organizzazioni italiane come Cgil e Fairwatch, stanno chiedendo alla commissione parlamentare Commercio internazionale (Inta) di schierarsi contro il bando.
«Se un paese ospitante inizia a prendere decisioni che limitano l’accesso ai vertici e lo fa in modo arbitrario – protesta nella lettera inviata alla Wto la rete Questo Mondo Non è In Vendita, che da Seattle critica i contenuti dei negoziati – non solo viene attaccata l’integrità di questa conferenza, ma un principio chiave della diplomazia internazionale… Pertanto, chiediamo al Direttore generale e alla Wto di non tenere la riunione in Argentina a meno che non venga risolta la partecipazione dei gruppi della società civile», è la richiesta provocatoria che arriva dalle organizzazioni. Ed è un fatto che la Wto, con un vertice già zoppo nei contenuti come quello di Buenos Aires, colpita da un danno d’immagine come questo, forse farebbe un gran regalo a se stessa se saltasse davvero un giro, prima di finire travolta dall’indignazione e dallo scetticismo ormai generale sulla sua capacità di governare la globalizzazione, anche a favore dei soliti «amici».
FONTE: Monica di Sisto, IL MANIFESTO
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