Israele e Stati Uniti appoggiano l’offensiva saudita contro l’Iran

Israele e Stati Uniti appoggiano l’offensiva saudita contro l’Iran

Loading

Dopo aver ricevuto l’approvazione di Donald Trump alla sua ondata di arresti fra principi, ministri e tycoon presunti corrotti, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha ottenuto dagli Usa pieno appoggio all’accusa rivolta all’Iran di aver fornito il missile balistico sparato dallo Yemen che il 4 novembre ha sorvolato Riyadh. Secondo l’ambasciatrice statunitense all’Onu, Nikki Haley, il missile sparato era un Qiam, di fabbricazione iraniana, «un tipo di arma non presente in Yemen, prima della guerra civile».

Parole che danno una spinta ulteriore all’offensiva di Riyadh contro il movimento sciita Hezbollah, culminata nell’imposizione delle dimissioni al premier libanese Saad Hariri e nell’attacco frontale a Tehran lanciato ancora da Mohammed bin Salman durante una conversazione telefonica con il ministro degli esteri britannico Boris Johnson. «Il ruolo del regime iraniano nel rifornire i ribelli (yemeniti) Houthi di missili rappresenta un attacco armato da parte di Teheran e può essere considerato come un atto di guerra», ha sentenziato il potente rampollo reale ricevendo la solidarietà di Johnson. Immediata la replica di Tehran che, attraverso il ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif, ha descritto «false e pericolose» le affermazioni saudite. A Damasco, dove era in visita ufficiale, Ali Akbar Velayati, consulente dell’ayatollah e guida suprema dell’Iran Ali Khamenei, ha ribadito che il suo Paese è pronto a difendersi. Velayati e il presidente siriano Bashar Assad si sono detti convinti che l’escalation di tensione nella regione è causata dalla sconfitta dei gruppi terroristici in Siria. Gruppi terroristici che ieri sono tornati a colpire a Damasco. Una pioggia di razzi e colpi di mortaio sparati da miliziani jihadisti hanno colpito un quartiere di Damasco ed edifici non lontani dall’ambasciata russa facendo almeno cinque morti.

Israele non resta a guardare. Nonostante stampa e analisti mettano in guardia dal farsi trascinare dalla frenesia saudita di andare in guerra subito contro l’Iran, il governo Netanyahu si avvicina a Riyadh con cui Tel Aviv non ha ufficialmente relazioni. Lo prova un telegramma inviato dal ministero degli esteri israeliano a tutte le ambasciate, rivelato lunedì sera alla tv Canale 10 da Barak Ravid, uno dei giornalisti israeliani meglio informati. Gli ambasciatori, ha spiegato Ravid, sono stati invitati a diffondere tra i dirigenti dei Paesi in cui operano un messaggio di aperto sostegno all’Arabia Saudita e contro la presenza di Hezbollah nell’attuale e nei futuri governi libanesi.

Intanto la purga gigantesca messa in moto da Mohammed bin Salman che ha già visto decine di arresti, si colora di nuovo di giallo. Il principe Abdul Aziz bin Fahad, figlio del penultimo sovrano del regno, Fahd bin Abd al Aziz al Saud, sarebbe stato ucciso dalle forze di sicurezza in uno scontro a fuoco dopo essersi opposto all’arresto. A riferirlo è stato il Daily Mail e la notizia, non confermata ufficialmente, arriva 24 ore dopo che un altro membro della famiglia reale, Mansour bin Muqrin, è morto in un incidente aereo al quale però ben pochi credono. Media arabi e anche israeliani sostengono che il velivolo che trasportava il principe e altri sette funzionari sarebbe stato abbattuto da un jet militare per evitare la loro fuga. Le autorità giudiziarie inoltre hanno bloccato più di 1.200 conti bancari “eccellenti”. Di fatto prigioniero sarebbe anche il presidente yemenita in esilio a Riyadh, Abd Rabbu Mansour Hadi, assieme ai figli e ad alcuni capi militari, ai quali i sauditi impedirebbero di ritornare in Yemen. Motivo: i rapporti tesi che Hadi ha con gli Emirati, alleati di ferro dell’Arabia saudita.

In altre parti della regione si guarda con preoccupazione al futuro. Il Libano teme di precipitare in una nuova guerra civile sotto l’urto della pressione saudita contro Hezbollah che ha già costretto il primo ministro Hariri a dimettersi. Gli abitanti di Gaza attendono con timore il rientro del presidente palestinese Abu Mazen “invitato” d’urgenza dal re saudita Salman. Riyadh infatti ha accolto con disappunto la riconciliazione tra Abu Mazen e il movimento islamico Hamas sponsorizzato da Qatar e Turchia, rivali dei sauditi, e che di recente si è riavvicinato all’Iran.

FONTE: Michele Giorgio, IL MANIFESTO



Related Articles

Croazia Un sì poco convinto

Loading

Un seggio a Donja Lomnica, 22 gennaio.  Un seggio a Donja Lomnica, 22 gennaio. AFP

Il 22 gennaio i croati hanno votato a favore della ratifica del trattato di adesione all’Unione. Bruxelles può tirare un sospiro di sollievo, ma il tasso di astensione record desta più di una preoccupazione, commenta la stampa croata.

Alla fine del mondo, dove speranza è movimento

Loading

ARGENTINA La terra dei Kirchner tenta ora di rialzarsi dopo la crisi economica

Libia, Tripoli: l’altro volto della liberazione

Loading

Viaggio in una città  in cui sono arrivati i liberatori ma non la libertà  e dove troppe cose ricordano un passato che non passa

Tripoli caduta. O Tripoli liberata. Dipende da che angolo si guarda questo conflitto. L’unica cosa certa è che adesso sono i ribelli, nella città , a dettare legge. In una situazione di caos dove il rispetto dei diritti umani è lungi dall’essere assicurato e dove si rischia di finire in carcere solo per il colore della pelle.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment