G8, De Santis in aula in manette è scontro sulla “gogna mediatica”

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FIRENZE – L’ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis entra nel cortile del tribunale del riesame di Firenze scortato dagli agenti della polizia penitenziaria. È ammanettato con un altro detenuto, il che scatenerà  reazioni polemiche. È grande e massiccio, ma molto dimagrito. Passa in silenzio, a testa bassa, visibilmente provato, fra due ali di cronisti e di fotografi. Sono le 9,25. Sta per aprirsi l’udienza richiesta dai suoi legali, Alfredo Gaito e Remo Pannain, e dagli avvocati Franco Coppi, Roberto Borgogno e Gabriele Zanobini, che assistono l’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci. Sia De Santis che Balducci sono in carcere dal 10 febbraio per corruzione nell’inchiesta sui Grandi Eventi. Per questa mattina è fissato a Firenze l’avvio del processo per uno dei filoni di indagine, quello sulla Scuola Marescialli dei Carabinieri. Avvio in bilico, perché giovedì la Cassazione ha dichiarato la competenza di Roma. Ne è nato un rebus sul quale – dicono gli avvocati – «ci stiamo rompendo la testa». Per capire che cosa accadrà  servirebbe «la sfera di vetro della maga».

Intanto però Balducci e De Santis hanno un obiettivo primario: lasciare il carcere. Balducci ha scelto per ora di restare in cella, lasciando la parola esclusivamente ai suoi avvocati. De Santis invece ha affrontato l’umiliazione di passare in manette davanti alle telecamere pur di poter spiegare personalmente ai giudici che non potrebbe commettere più i reati di cui è accusato, perché il ministero lo ha dichiarato d’ufficio «cessato dalle funzioni». «È frastornato e amareggiato dall’essere stato esibito in manette alle telecamere», ha commentato poi il professor Gaito. Ma anche oggi sarà  presente in aula per difendersi. Il suo avvocato si è appellato ai media, pregandoli di non mandare in onda e di non pubblicare le immagini. È intervenuto subito il garante della privacy: «I media si astengano dal diffondere riprese e fotografie di persone in manette». I tg lo hanno fatto, guadagnandosi l’apprezzamento di Enzo Carra, esponente Udc che durante Tangentopoli fu al centro del caso che aprì la discussione sulle «manette spettacolo». Ha fatto eccezione il Tg2. Il direttore Mario Orfeo ha mandato in onda le immagini come «atto di denuncia».
Per la verità , non ci sarebbe stato bisogno di sollecitazioni da parte del garante della privacy: nel codice di procedura penale è stata inserita nel 1999 una norma (comma 6 bis dell’articolo 114) che vieta la pubblicazione di immagini di persone ammanettate. Altra questione è se i detenuti debbano essere tradotti o meno in manette. La legge 492 del 1992 stabilisce che nelle traduzioni di un singolo detenuto l’uso delle manette è obbligatorio «quando lo richiedono la pericolosità  del soggetto o il pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendono difficile la traduzione». Altrimenti l’uso delle manette è vietato. Nel caso specifico, il tribunale del riesame di Firenze si affaccia su una via strettissima e molto trafficata. I furgoni della polizia penitenziaria sono costretti a parcheggiare sul marciapiede. In ogni caso la legge stabilisce che nelle traduzioni collettive «è sempre obbligatorio l’uso di manette modulari multiple», e De Santis è arrivato con un altro detenuto.
«È regolare e legittimo che i detenuti, ancorché imputati, siano condotti con le manette durante le traduzioni», afferma Donato Capece, segretario generale del sindacato penitenziario Sappe: «Tutti i giorni la stragrande maggioranza delle traduzioni avvengono con le manette. E giustamente – sottolineo – perché garantiscono ordine e sicurezza. Ma le polemiche scoppiano solo con i “presunti eccellenti”. Come se essere un qualsiasi sconosciuto giustificasse, comunque e a prescindere, l’uso delle manette».


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