Netanyahu sempre più sulla graticola
Netanyahu ha accusato l’opposizione e i media di tentare un “golpe”. Ma l’inchiesta va avanti e la sua situazione è sempre più precaria
GERUSALEMME. Il professor Eytan Gilboa non è noto come un analista di sinistra, anzi. Insegna all’università Bar Ilan, il laboratorio della destra israeliana. Eppure non può trattenere una smorfia di disappunto quando gli chiediamo del discorso che il premier Netanyahu ha rivolto mercoledì sera a migliaia di sostenitori del suo partito, il Likud, giunti a Tel Aviv per esprimergli appoggio nell’inchiesta che lo vede sospettato di frode e corruzione. «Quella folla non si è riunita spontaneamente, è stato Netanyahu a mobilitarla – ci dice Gilboa – voleva mostrarsi come un leader forte e popolare. Trovo inopportuno questo modo di fare mentre è in corso un’indagine ma devo ammettere che Netanyahu ha in buona parte raggiunto il suo obiettivo».
Grazie al carisma e alle doti di oratore, Netanyahu, spiega Gilboa, ha saputo spostare un procedimento giudiziario sul piano politico. Mercoledì, evitando di chiamare in causa la magistratura, il primo ministro ha denunciato un presunto tentativo di “golpe” dell’opposizione per costringerlo a farsi da parte. «La sinistra e i media si sono mobilitati per una partita di caccia ossessiva contro di me e contro la mia famiglia, nell’intento di compiere un putsch di regime», ha affermato Netanyahu imitando Trump quando si scaglia contro i giornalisti. I sospetti nei suoi confronti, ha aggiunto, verrebbero ingigantiti ad arte dai suoi rivali. «Ma non accadrà niente perché non c’è niente», ha proclamato suscitando l’entusiasmo dei seguaci, uno dei quali ha alzato un cartello con la scritta: «Fake News=Fucking News». Netanyahu ha insistito sulla tesi di indagini volte unicamente ad abbattere il governo delle destre. Un tentativo del genere è destinato a fallire, ha rassicurato i supporter, perché «Noi guidiamo Israele verso la sua condizione migliore nella Storia ed il popolo di Israele è con noi».
Quindi ha ironizzato sui dirigenti palestinesi che, non fanno nulla per nasconderlo, sperano nella sua caduta. «Resteranno delusi perché ciò non accadrà» ha detto, aggiungendo che alle prossime elezioni politiche il Likud controllerà almeno un terzo dei 120 deputati della Knesset. Per Gilboa queste previsioni sono realistiche ma solo in parte. «Se è vero che un ultimo sondaggio vede Netanyahu ancora vincitore – nota il docente – allo stesso tempo non possiamo prevedere quali saranno i riflessi politici di una incriminazione formale del primo ministro. Gli altri partiti della coalizione di governo resteranno dalla sua parte anche in quel caso come lo sono oggi?».
Abilità politica a parte, i guai giudiziari di Netanyahu sono sempre più seri. Si sono aggravati dopo la decisione dell’ex capo di gabinetto Ari Harov, sospettato anch’egli di frode e corruzione, di voler collaborare con le indagini sul premier. L’allarme in casa Netanyahu da giallo è passato a rosso. Il premier è sospettato di aver ricevuto casse del migliore champagne e sigari di alta qualità da un ricco produttore israeliano, Arnon Milchan. Ha promesso qualcosa in cambio di quei doni costosi? È questo che si domandano gli inquirenti. C’è poi l’intercettazione telefonica in cui si sentirebbe il premier proporre al proprietario di Yedioth Ahronoth, quotidiano a lui avverso, la riduzione della tiratura del giornale rivale, Israel Hayom, in cambio di una linea editoriale favorevole al governo. Non si può dimenticare inoltre il sospetto di una presunta tangente ottenuta da Netanyahu con l’acquisto di sottomarini tedeschi grazie all’intermediazione di un cugino. Dulcis in fundo la first lady Sara, secondo i giornali locali, rischia una incriminazione per uso privato di fondi pubblici.
FONTE: Michele Giorgio, IL MANIFESTO
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