Migranti: nessuna invasione non c’è, a giugno stessi sbarchi degli ultimi anni
Il vento forte e il mare agitato scoraggiano le partenze sulla rotta del Mediterraneo centrale e si contano così solo due sbarchi nelle ultime quarantotto ore, a Brindisi e Catania, in tutto poco più di mille migranti recuperati a largo della Libia dalla Guardia costiera italiana e da una nave militare svedese. A Catania sono sbarcate anche nove salme, i corpi di quattro uomini e cinque donne recuperati dagli svedesi.
È RISACCA SUI NUMERI però: dopo una settimana di bufera e spuma politica sull’emergenza «insostenibile», «l’invasione», sono stati diffusi i dati veri sugli sbarchi di giugno e dei primi sei mesi del 2017 dal Viminale e dall’Organizzazione mondiale delle migrazioni. Dall’inizio dell’anno sono 83.360 i migranti arrivati sulle nostre coste, mentre nei primi sei mesi del 2016 erano 70.222, quindi si segnala un aumento del 18,71 per cento che però in numeri assoluti significa poco più di diecimila persone in un paese di 60 milioni di abitanti.
L’Oim fa notare che rispetto all’anno scorso in Europa gli arrivi complessivi di migranti e profughi sono diminuiti (95.768 contro i 230.230 del primo semestre 2016), quando erano ancora in maggioranza i siriani in fuga dalla guerra ad arrivare prima dell’accordo del 18 marzo 2016 che ha sigillato la frontiera tra Turchia e Grecia. A giugno poi gli ingressi sono praticamente identici: 22.907 quest’anno, 22.371 nel 2016, 22.877 nel 2015. Ora però l’85 per cento di queste persone sono destinate a restare in Italia, dove gli ultimi due governi renziani – come fa notare il giurista palermitano Fulvio Vassallo Paleologo – sono caduti in una «trappola repressiva» europea.
LA TRAPPOLA per l’Italia è forgiata da una manovra a tenaglia: da un lato c’è stato il rifiuto da parte dei paesi del Nord Europa di modificare il regolamento di Dublino in modo da consentire la circolazione dei rifugiati che vogliono raggiungere Paesi diversi da quello di arrivo, dall’altra l’aumento del rilevamento delle impronte al momento dello sbarco tramite il sistema Hotspot, con le agenzie europee Frontex e Easo a supervisionare l’inserimento dei parametri biometrici d’identità nel sistema Eurodac con percentuali di rilevamento del 99%, più la chiusura sostanziale delle frontiere di Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia, e il fallimento delle quote di relocation, hanno bloccato i migranti in Italia.
IL BLOCCO DEI PORTI alle navi delle ong battenti bandiera diversa dal tricolore, che ora il ministro dell’Interno Marco Minniti agita verso l’Europa come ultima carta coperta, visto che di minaccia ancora si tratta e probabilmente inattuabile nel rispetto delle convenzioni internazionali, verrà giocata stasera a Parigi, dove lo stesso Minniti si vedrà con i suoi omologhi franco-tedeschi, Gérard Collomb e Thomas de Maizière. Ma c’è poco da aspettarsi, quanto a soluzioni e «approccio coordinato», dal tavolo dello chemin de fer al quale parteciperà anche il commissario europeo per le migrazioni Dimitri Avramopoulos. Ascoltare le lamentele di Minniti a Parigi appare come un contentino rispetto al pesante niet già dichiarato dall’Estonia quanto a maggiori sostegni che l’Italia sperava di strappare sul tema dei flussi migratori al vertice europeo di Tallin in programma per giovedì e venerdì della prossima settimana.
Al tavolo di Parigi forse verrà affrontato anche il tema del supporto dell’Italia alla Guardia costiera libica ma non è detto che anche su questo punto gli entusiasmi del Pd renziano saranno premiati.
LA CORTE DELL’AJA, su ricorso dell’ong tedesca SeaWatch, ha aperto un’indagine sulla Guardia costiera libica, finanziata dalla Ue e dall’Italia, per aver ostacolato i soccorsi a mare e sparato contro i gommoni. In più il sito libico al Wasat rivela che la missione Ue «Sophia» sta indagando sui traffici di un peschereccio di proprietà di un ufficiale della Guardia costiera di Misurata (governo Serraj) fortemente sospettato di trasportare mortai e armi anticarro, oltre a miliziani di Ansar al Sharia, coprendo l’attività a vantaggio dell’Isis con «scopi umanitari».
FONTE: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO
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