Francia, verso le presidenziali
PARIGI. La foto della scena tv di ieri sera, su Tf1, rimanda l’immagine dello sfinimento in cui sta crollando la V Repubblica, arrivata a fine corsa: per la prima volta dal ’62 (elezione diretta del presidente), i candidati all’elezione presidenziale si scontrano in televisione, banalizzando l’elezione, togliendo quello che poteva restare di solennità, trasformandosi di fatto in normali gestori, come altrove sono i primi ministri. Sono solo 5 su 11, Tf1 – rete privata – ha invitato solo i “grossi”, cioè quelli che hanno più consensi nei sondaggi. I “piccoli” aspetteranno un altro round, su un’altra tv, per non infrangere il rispetto dell’equità del tempo di parola, stabilito per legge.
In ordine alfabetico: François Fillon, Benoît Hamon, Marine Le Pen, Emmanuel Macron, Jean-Luc Mélenchon. Nel 2002, prima del ballottaggio Jacques Chirac aveva rifiutato il confronto tv con Jean-Marie Le Pen. Adesso, la figlia Marine ha ormai conquistato piena legittimità sulla scena televisiva. Non è una cosa banale, il Fronte nazionale milita per travolgere il contratto sociale del paese, per cambiare le basi della cittadinanza e dell’eguaglianza. Marine Le Pen è in testa nei sondaggi per il primo turno. Oggi verrà misurato l’effetto del dibattito sulle intenzioni di voto, un terzo dell’elettorato è ancora indeciso. Se si votasse oggi, al ballottaggio incontrerebbe Emmanuel Macron, l’uomo “nuovo”, che ha creato dal nulla un partito dal nome senza storia, En Marche! e che, se vincerà, dovrà costruirsi una maggioranza alle legislative di giugno per poter governare.
I partiti che hanno governato la Francia negli ultimi decenni arrivano indeboliti al voto del 23 aprile e rischiano di fare da spettatori al ballottaggio, anche se presentano i soli due candidati usciti dall’esercizio delle primarie (gli altri si presentano senza passare da questo voto preliminare). Il candidato Républicain François Fillon sembra fuori gioco, per colpa soprattutto sua, tra scandali di impieghi fittizi di moglie e figli, regali di vestiti lussuosi, prezzi d’oro pagati per le sue consulenze ecc. Il candidato del Ps, Benoît Hamon è stato lasciato un po’ solo dai suoi. Tutta l’ala destra del Ps, quando non ha già fatto il passo verso Macron, aspetta di farlo tra i due turni. Jean-Luc Mélenchon, ex socialista che si è giurato di travolgere il vecchio partito, gioca l’ultima partita (ha 65 anni) con la France Insoumise, sostenuta, ma con grande freddezza, dal Pcf ormai quasi rinsecchito, senza neppure l’appoggio esplicito (che aveva avuto 5 anni fa) da parte della Cgt.
Nel fine settimana, la sinistra ha mandato in scena il braccio di ferro sulla – futura – egemonia di questa parte politica. Domenica, Benoît Hamon ha riunito 20mila persone al palasport di Bercy, per un comizio “di lotta e di ideali”, e anche “di eroi” della storia della sinistra. A mezza voce, ha salvato qualcosa dei cinque anni di Hollande, ma ha soprattutto tentato di rilanciare sul progetto: “siamo stanchi di votare contro – ha detto – vogliamo potere, di nuovo, votare per”. Con Mélenchon è stato stabilito una specie di contratto di non aggressione. Il bersaglio è Macron, che puo’ attrarre il “voto utile” per battere Marine Le Pen. Hamon ha puntato il dito contro “il partito del denaro”, che “ha troppi candidati in questa elezione”. Stando ai sondaggi del momento, con due candidature rivali la sinistra non dovrebbe riuscire a passare il primo turno. Quello che è in gioco, invece, è l’egemonia di questa area politica nel dopo-presidenziali. Jean-Luc Mélenchon ha dato una prova di forza, sabato, con la Marcia per la VI Repubblica, un’idea che è da tempo difesa anche da Hamon e dai suoi sostenitori (come Arnaud Montebourg, che ne aveva fatto anni fa la ragione del suo impegno politico). Ma i SuperIo oggi non cedono e cosi’ sabato Hamon e i suoi non erano alla Marcia. Mélenchon e Hamon non sono sovrapponibili in tutto, naturalmente. La principale frattura riguarda l’Europa. Mélenchon pensa soprattutto al “Piano B”, cioè a una strategia di uscita quando si scontrerà con il rifiuto dei partner di “modificare i Trattati” attuali. Hamon sta in mezzo al guado. Macron spera, in questa prospettiva, di incassare i voti pro-europei dell’elettorato di sinistra (e di destra moderata).
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