Stadio Roma. Un accordo che vale 600mila metri cubi di cemento
ROMA. Lo sguardo ineffabile delle radio dei tifosi giallorossi saluta l’accordo sullo stadio tra giunta capitolina e As Roma. Non c’è ancora un via libera ufficiale alla cittadella che sorgerà a Tor di Valle col viatico del nuovo impianto, ma poco ci manca. Tanto che dopo giorni di attesa, l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini annuncia le sue «dimissioni irrevocabili». «Mentre le periferie sprofondano in un degrado senza fine e aumenta l’emergenza abitativa, l’unica preoccupazione sembra essere lo Stadio della Roma», è il grido di dolore dell’ormai ex assessore.
Alla riunione della svolta c’è il primo in grado della Roma in Italia, il direttore generale Mauro Baldissoni. Con lui arriva il costruttore Luca Parnasi. Si apprende che la società calcistica aveva chiesto la presenza della sindaca. Lei però non si presenta. Per l’amministrazione capitolina ci sono il vicesindaco Luca Bergamo, il presidente del consiglio comunale Marcello De Vito, il capogruppo Paolo Ferrara e la presidente della commissione Urbanistica di Roma Donatella Iorio, che smentisce di essere candidata a sostituire Berdini in assessorato. Dalla composizione si capisce che l’incontro è più politico che tecnico. L’ultimo di questo genere si era tenuto proprio nella sede dell’ assessorato all’urbanistica quando il padrone di casa era in pieni poteri. Questa volta ci si vede in Campidoglio. Ma colui che ha definito il progetto «la più imponente speculazione immobiliare del momento in Europa» che richiederebbe «la più grande variante urbanistica ad hoc mai approvata a Roma», non è della partita. Senza l’assessore ancora formalmente in carica (seppure «con riserva») si discute di 974 mila metri cubi di cemento che comprendono solo per un 14% lo stadio vero e proprio. Il resto contiene le tre torri disegnate dallo studio Libeskind, un albergo e centri commerciali. E poi c’è da parlare di opere infrastrutturali come ponti e uno svincolo. Berdini chiedeva appunto di tornare nell’ambito del Piano regolatore di Roma, secondo cui andrebbe costruito lo stadio e poco più.
Ballano 600mila metri cubi di cemento, insomma. E dietro quelle cubature si agitano gli spettri della tradizionale speculazione edilizia assieme ai giochi fantasmagorici della finanza, con Unicredit a tenere i cordoni della borsa. Così, quando Luca Bergamo esce dalla riunione annunciando con soddisfazione che si è aperto un nuovo corso, si capisce che la fronda pro-stadio ha preso il sopravvento. «Vorrei ringraziare la Roma per aver risposto alle nostre sollecitazioni nella riunione della scorsa settimana presentandoci oggi una revisione del progetto che ha dei caratteri fortemente innovativi – dice Bergamo – I tavoli tecnici sono ancora al lavoro, faremo una valutazione di questa importante novità e ci siamo dati appuntamento alla prossima settimana». Se riusciranno a rispettare i tempi, cioè si avrà un primo via libera entro il 3 marzo? «È ovvio», risponde sicuro il vicesindaco. A chi gli chiede maggiori dettagli, come quello – decisivo per capire di che compromesso si tratta – circa l’esistenza di una variante urbanistica che passerà in consiglio, Bergamo risponde: «Di tutti questi elementi parleremo una volta completata questa primissima fase». Ai primi di febbraio, il Campidoglio aveva ufficialmente chiesto la modifica del progetto per alcune carenze. La posizione di Berdini, favorevole a un drastico taglio di cubature, si scontrava ormai da settimane con quella dell’ala dialogante del M5S, che sarebbe capeggiata dall’assessore allo sport Daniele Frongia, pronta a chiudere un accordo con una diminuzione delle cubature attorno al 20%, magari tagliando in altezza qualche edificio.
Anche Baldissoni si sbilancia: «Noi abbiamo sempre detto che vogliamo fare questo progetto insieme alla città. Abbiamo cercato di intercettare quali sono le esigenze e visioni della nuova giunta. Continuiamo a lavorare insieme, nel rispetto dei tempi e della sostenibilità del progetto stesso». Si vedrà se adesso quella parte di base grillina che nei giorni scorsi ha contestato il progetto, o almeno ha chiesto che la decisione venisse decisa mediante votazione online sul sito di Grillo, accetterà i termini dell’accordo.
Tutto mentre la cottura a fuoco lento di Berdini è proseguita fino a ieri pomeriggio, con la sindaca che non voleva farne una vittima e puntava a sfiancarlo. L’ultima trovata degli avvocati passati alla politica che costituiscono l’ossatura della giunta (ci si faccia caso, hanno l’abitudine di appigliarsi al cavillo e alle procedure) si chiamava «due diligence», sorta controllo degli atti finora portati avanti dall’urbanista. Solo che stavolta Berdini sbatte la porta: «Era mia intenzione servire la città mettendo a disposizione competenze e idee. Prendo atto che sono venute a mancare tutte le condizioni per poter proseguire il mio lavoro». Il consigliere pentastellato Pietro Calabrese lo accusa: «Se alle parole non corrispondono i fatti è normale che le strade a un certo punto si dividano». Raggi è gelida: «Prendiamo atto che l’assessore preferisce continuare a fare polemiche piuttosto che lavorare. Noi andiamo avanti». L’ex assessore torna al suo lavoro di urbanista, spiegando dove secondo lui la giunta ha mancato: «Dovevamo riportare la città nella piena legalità e trasparenza delle decisioni urbanistiche, invece si continua sulla strada dell’urbanistica contrattata, che come è noto, ha provocato immensi danni a Roma».
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