Mario Draghi difende Euro e l’Europa fortezza

Mario Draghi difende Euro e l’Europa fortezza

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«Fu una decisione coraggiosa che ha segnato l’integrazione europea». Al parlamento Ue: «Timori da protezionismo e da modifica delle regole finanziarie»

«L’euro è irrevocabile». È il monito di Mario Draghi pronunciato in un’audizione al parlamento europeo all’indomani dell’annuncio di Marine Le Pen sull’uscita della Francia dall’Eurozona (e dalla Nato). Il custode del progetto dell’Unione Europea, criticato da destra e da sinistra, dall’interno e dall’esterno del continente, ha inoltre lanciato l’allarme per il protezionismo americano di Trump che ha dato il via libera alla revisione del trattato Dodd-Frank e di Basilea 3: «Aspettiamo di vedere a cosa puntano gli Usa. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è allentare la regolazione finanziaria».

SUL TRATTATO DI MAASTRICHT del 1992, deficit pubblico sotto il 3% del Pil, debito non al di sopra del 60%, ieri Draghi ha eretto un muro. Per il presidente della Bce è stata «una scelta coraggiosa». Mentre monta la marea nazionalista e populista, l’agenda neoliberale, monetarista e dell’austerity resta la stessa: «L’Unione europea è fondata su libero scambio» e sulla politica monetaria espansiva [quantitative easing]. «I paesi che non hanno spazio di manovra sul bilancio non dovrebbero cercarlo un modo per trovarlo anche se non c’è» ha ribadito Draghi. Parole che valgono per la Francia, in extra-deficit, e per l’Italia che deve affrontare l’insidia di una manovra correttiva a causa della cura Renzi-Padoan.

LA DISCIPLINA RESTA FERREA e non importa che finirà per aggravare la crisi politica oltre che i problemi strutturali di un’unione senza politica dove svetta solo la Bce, l’unica banca centrale senza stato al mondo.

DRAGHI HA RICORDATO il tempo che fu: «All’epoca del lancio dell’Euro ci fu l’impegno di avanzare nel percorso della convergenza istituzionale ed economica – ha detto – la crisi ha mostrato che questo impegno non può essere allentato e resta importante adesso nel momento in cui cerchiamo di rafforzare l’unione monetaria». Convergenza che non è mai avvenuta in un’unione politica, diversamente da quanto vagheggiato 25 anni fa. La prospettiva non è presente anche nel ballon d’essai sull’«Europa a due velocità» lanciato da Angela Merkel a Malta a fini elettorali interni. Su questo Draghi non ha voluto pronunciarsi: «È un concetto ancora da sviluppare, una visione appena abbozzata» ha detto. La prudenza è d’obbligo per non irritare ancora di più i tedeschi che da tempo lo criticano sul quantitative easing. Stando a precedenti dichiarazioni di Schäuble l’Europa a due velocità consiste in un’unione a geometria variabile che rafforza il primato politico e commerciale tedesco ed evita la comunitarizzazione del bilancio e una riforma radicale delle istituzioni europee in direzione di una democrazia politica continentale. Sul surplus commerciale tedesco, altra anomalia in un’Ue sgangherata, Draghi sostiene che la Germania non usa il suo surplus per speculare» sul cambio della moneta. «Il surplus corrente tedesco era al 6% già quando l’euro/dollaro era a 1,4. Perché? Per la forza dell’economia tedesca». Quanto a Schäuble, Draghi ha esibito la sua ironia: «È comprensibile che i politici in tempi di elezioni esprimano il loro punto di vista sulla politica monetaria, è anche comprensibile che i banchieri non li ascoltino». Schäuble aveva criticato la politica monetaria della Bce secondo lui troppo sbilanciata a favore dei paesi, come l’Italia, a inflazione più schiacciata verso quota zero. Il presidente Bce non critica lo strapotere tedesco, in cambio chiede ai tedeschi di non criticare la sua politica monetaria.

LE CERTEZZE AGRODOLCI di Draghi derivano dalla crescita del Pil dell’1,9%, dei 3,5 milioni di disoccupati in meno dall’inizio del Qe. Dati macro che non rispecchiano la situazione nei singoli paesi, a cominciare dall’Italia dove la disoccupazione aumenta (12%) e la crescita è dimezzata (0,8%). L’Europa a doppia velocità esiste e fonda quella vagheggiata dai tedeschi: l’Ue attuale già l’incarna.

IL PRESIDENTE DELLA BCE riconosce che più di qualcosa non funziona: i tassi di inflazione devono ancora convergere verso il 2%, mentre per la crescita permangono rischi di ribasso, anche per fattori globali. Previsioni che non sono piaciute alle borse: ieri a Milano l’indice Ftse Mib ha ceduto il 2,05% e l’All Share l’2,09%. Sono calate anche Francoforte (-0,83%) e Parigi (-0,84%).

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