Il governo della Turchia sotto accusa per le purghe nei servizi

Il governo della Turchia sotto accusa per le purghe nei servizi

Loading

ISTANBUL Nuova ondata di arresti ieri in Turchia, mentre proseguono le operazioni di ricerca del responsabile dell’attentato di capodanno al club Reina di Istanbul, nel quartiere di Ortakoy. Quaranta le persone poste in stato di fermo nella città costiera di Izmir (Smirne) per presunti legami con l’attentatore.

Secondo l’agenzia stampa Dogan si tratterebbe di 20 minori, 9 uomini e 11 donne appartenenti a famiglie di origini centro-asiatiche, in particolare dalla regione cinese dello Xinjiang a maggioranza uighura, dalla regione russa del Daghestan e dal Kirghizistan, a conferma che la pista battuta conduce verso il cuore del continente asiatico.

Il ministro degli Esteri turco Mevlut Çavusoglu, in un’intervista all’agenzia di stampa di stato Anadolu, ha informato che le forze dell’ordine avrebbero identificato l’attentatore, ma si è rifiutato di divulgare qualsiasi dettaglio.

Pare sicuro ad oggi che l’attentatore abbia risieduto nella città di Konya, nel cuore dell’Anatolia, almeno dal 22 novembre scorso, in un appartamento affittato pagando tre mensilità anticipate. La polizia sta interrogando il vicinato per ricostruire i movimenti dell’uomo e della sua famiglia, moglie e due figli che al momento risultano sotto custodia della polizia.

L’attentatore si sarebbe poi trasferito ad Istanbul il 29 dicembre raggiungendo il quartiere di Zeytinburnu, dove avrebbe ottenuto sostegno logistico da Yusuf Hoca, considerato vicino al gruppo radicale “Emir”, presente anche a Konya. A Zeytinburnu sarebbe poi tornato a massacro concluso, sgusciato tra le maglie della polizia. Anche la perizia balistica sui bossoli e proiettili non ha per ora fornito indizi utili.

Il mistero si infittisce ulteriormente in seguito alle testimonianze, ancora da verificare, rilasciate separatamente da due sopravvissuti alla strage, secondo cui non uno ma due o forse tre, tra cui una donna, sarebbero i responsabili dell’attacco. Le interviste sono di una cittadina marocchina di nome Sofia Nasslahsen ed si un cittadino saudita di nome Hassan Khashoggi, che hanno raccontato di quella notte la prima al sito d’informazione moroccoworldnews.com (ma l’articolo è stato cancellato in tarda serata) ed il secondo al gruppo Al-Arabiya.

L’analista Nihat Ali Özcan, ex membro dell’esercito oggi in pensione, ha avvalorato in un’intervista l’ipotesi secondo cui l’attentato di capodanno sia un messaggio diretto dell’Isis nei confronti del governo turco, in particolare per quanto riguarda la roccaforte di Al-Bab in Siria, dove i militanti dello Stato Islamico stanno opponendo una durissima resistenza agli attacchi dell’esercito turco e della coalizione di ribelli sostenuta da Ankara.

Özcan ha anche sottolineato come le purghe all’interno degli apparati di sicurezza condotte dal governo alla caccia della rete gulenista, ne abbia compromesso l’operatività e ostacolato la realizzazione di una efficace strategia di lotta al terrorismo.

Sull’onda delle preoccupazioni circa i significati dell’attacco al Reina come un attacco allo stile di vita secolare, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha voluto assicurare che nessuno in Turchia sarà obbligato a modificare il proprio stile di vita. Lo ha fatto di fronte all’assemblea dei mukhtar, i capi-villaggio e quartiere che nella società turca rivestono un ruolo fondamentale, nel corso del 33° vertice tenuto presso il nuovo palazzo presidenziale ad Ankara.

Queste riunioni a cadenza mensile hanno destato proteste, con il presidente accusato di voler istituire un sistema di sorveglianza capillare in tutto il paese. Erdogan stesso ha invitato i mukhtar a conoscere i propri vicini e riferire alle stazioni di polizia o attraverso uno speciale sistema informatico che collega ciascun mukhtar agli uffici territoriali del Ministero degli Interni.

La trasformazione del sistema di intelligence turco si collega agli attentati che continuano a colpire il paese: stretto tra le purghe post tentato golpe e una recente riforma radicale della struttura del Mit, i servizi segreti turchi, ci si interroga sull’opportunità di questi cambiamenti e sulla loro efficacia mentre l’attentatore del club Reina resta a piede libero.

SEGUI SUL MANIFESTO



Related Articles

«Lo vendicheremo» Allarme dalle carceri

Loading

ROMA— Vendicare la morte di Osama bin Laden con azioni contro obiettivi occidentali. Sarebbero le intenzioni di alcuni islamici, detenuti in carcere per reati collegati al terrorismo internazionale, sulle quali sono ora in corso indagini per comprenderne il significato e la portata. Una minaccia teorica, come quelle affrontate dalle forze dell’ordine e dai servizi di sicurezza all’indomani del blitz americano in Pakistan del Primo maggio scorso, con l’uccisione del leader di Al Qaeda, ma che hanno comunque fatto scattare l’allarme.

La lunga mano di Erdogan: mercenari siriani uccisi in Nagorno-Karabakh

Loading

Accertata la presenza di miliziani addestrati dai turchi. Putin ritenta con la diplomazia: formula del 5+2 e caschi blu dell’Onu per frenare Erdogan. Giornalisti russi parlano di unità americane nel sud-est turco a supporto di Baku

Tahar Ben Jelloun: “Abbiamo reagito tardi la radice dell’odio è nell’apartheid sociale”

Loading

«Adesso è troppo tardi. Per evitare la trappola del reclutamento jihadista in Europa bisognava intervenire dieci o quindici anni fa». Da sempre lo scrittore Tahar Ben Jelloun denuncia le periferie come luoghi tossici, che generano violenza e criminalità

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment