Muraro indagata si dimette ma Raggi congela l’assessora

Muraro indagata si dimette ma Raggi congela l’assessora

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È nel cuore della notte che Virginia Raggi, dopo una giornata frenetica di consultazioni e abbandonata ormai la speranza di tenere la notizia riservata, riunisce i consiglieri della maggioranza alle sue spalle e accende le telecamere. Non c’è sorriso sul viso della sindaca di Roma quando comunica al “suo” popolo della rete che l’assessora all’Ambiente Paola Muraro si è infine dimessa, perché questa volta dalla procura, che indaga su di lei da aprile scorso per violazione delle norme sulla gestione dei rifiuti, l’avviso di garanzia è arrivato. Anzi, per la precisione l’ex consulente Ama, che aveva già ammesso il 5 settembre scorso davanti alla commissione parlamentare Ecomafie di essere a conoscenza dell’indagine a suo carico, è stata ora convocata in procura per il 21 dicembre e informata nei dettagli dei cinque capi di imputazione che le vengono contestati, «in riferimento all’articolo 256 del Testo unico sull’ambiente».

«Sono tranquilla e convinta di riuscire a dimostrare la mia totale estraneità ai fatti – ha spiegato in una nota Muraro – Tuttavia, per senso di responsabilità istituzionale e per rispetto verso questa amministrazione, ho deciso di dimettermi in attesa di chiarire la mia posizione».

La situazione però, declinando Ennio Flaiano, è grave ma non è seria: «In nome della trasparenza comunichiamo tempestivamente la notifica ricevuta da Paola Muraro, rispettando pienamente quanto abbiamo sempre assicurato ai cittadini – dichiara Raggi in un comunicato stampa diramato all’1,27 di ieri, tre minuti prima del video realizzato con i suoi consiglieri e postato su Facebook – Attendiamo con fiducia che l’assessora chiarisca nel dettaglio la sua posizione e, nel frattempo, sarò io ad assumere le sue deleghe». «Non sono entrata nel merito dell’avviso», ha puntualizzato la sindaca davanti alle telecamere. In sostanza, come spiegherà poche ore dopo ai consiglieri dell’opposizione il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito durante un’animata seduta, «non c’è stata alcuna sostituzione». E per il momento non ci sarà.

«Siamo garantisti», spiegano i più stretti collaboratori di Raggi. «Abbiamo rispettato il tacito accordo con i cittadini secondo il quale chi riceve un avviso di garanzia deve dimettersi. Ma nel caso specifico siamo sicuri che Muraro saprà dimostrare di non aver compiuto i reati contestati, che peraltro non sono di grande rilevanza penale». Perciò la sindaca vuole aspettare almeno fino al 21 dicembre, prima di iniziare a ragionare sull’ennesimo rimpasto di giunta.

Eppure, va ricordato, Muraro sapeva già dal 5 settembre scorso di essere indagata per violazione dell’articolo 256 del Testo unico sull’ambiente, come riferì in commissione Ecomafie nell’ audizione che poi venne acquisita con la relativa documentazione dalla procura di Roma. L’assessora Muraro è accusata dal pm Alberto Galanti, titolare del fascicolo, di aver «operato una gestione dei rifiuti in violazione delle prescrizioni delle autorizzazioni» degli impianti di Tmb (trattamento meccanico biologico) di via Salaria e Rocca Cencia quando, tra il 2010 e il 2015, ricopriva per l’Ama oltre al suo ruolo di consulente anche quello di referente Ippc. Aveva cioè il compito di controllare il tipo di scarto in entrata e in uscita dagli impianti e la qualità del trattamento.

L’ipotesi accusatoria prevede che Muraro insieme ad altri quattro responsabili, all’epoca dei fatti, di singoli apparati dei Tmb, abbia fatto sì che gli impianti venissero sotto e male utilizzati, gestendo malamente «le percentuali di trasformazione dei rifiuti in ingresso in CDR, FOS e Scarti di lavorazione» e facendo altrettanto con quelli in uscita. Inoltre secondo i pm ci fu «una gestione non autorizzata di rifiuti speciali» trattati «presso impianti di termovalorizzazione o incenerimento non autorizzati a smaltire i rifiuti classificati con il codice CER 191212».

E infine, secondo Piazzale Clodio, l’assessora “congelata” avrebbe in quegli anni violato anche le norme di stoccaggio dei rifiuti prodotti dal processo di trattamento dell’ indifferenziata, al fine, si ipotizza, di agevolare l’uso delle discariche, con una maggiorazione dei costi a carico della pubblica amministrazione. L’accusa di abuso d’ufficio però va verso una richiesta di archiviazione.

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