Volkswagen, 30 mila posti da tagliare entro il 2021 e riconversione elettrica
La direzione del gruppo Volkswagen ha trovato un accordo con i sindacati su un piano di riorientamento strategico della produzione di automobili elettriche e il taglio di 30 mila posti di lavoro, di cui 23 mila in Germania, entro il 2021.
Sul piano occupazionale il «patto per il futuro» siglato tra i consigli di fabbrica e il management prevede la riduzione del 5% della forza lavoro occupata nel gruppo, 624 mila in tutto il mondo, 282 mila nella sola Germania. In questo caso il taglio sarà dell’8%. Previsto il ricorso al part-time e al pre-pensionamento dei lavoratori.
Non è ancora chiaro quali impianti e quali dei 12 marchi appartenenti al gruppo (tra cui tra cui Audi, Seat e Skoda) saranno toccati. Per gli impianti argentini e brasiliani si parla già di «sacrifici dolorosi». La crisi è stata provocata dall’immenso impatto che ha avuto lo scandalo del «DieselGate» sulle finanze dell’azienda. Volkswagen ha ammesso di avere truccato i test sulle emissioni inquinante ed è stata costretta a ritirare dal mercato 11 milioni di automobili a diesel.
Solo con le autorità degli Stati Uniti, e i suoi clienti in questo paese, l’azienda tedesca ha concordato una transazione di 15 miliardi di dollari. È stato calcolato che i tagli dovrebbero produrre 3,7 miliardi di risparmi all’anno fino al 2020.
Il patto prevede anche investimenti per 3,5 miliardi di euro e prevede, tra l’altro, la creazione di 9 mila posti da sviluppatore di software. L’ad di Volkswagen Matthias Muelle ha disegnato per l’azienda un futuro digitale e la produzione di macchine elettriche e ibride. «Il patto per il futuro è il più grande programma di modernizzazione nella storia del nostro marchio-nucleo», ha detto. Il responsabile del marchio Volkswagen, Herbert Diess, parla di «uno dei più grandi passi in avanti nella storia di Vw».
Nel quartier generale di Wolfsburg, dopo settimane di trattative con i sindacati, i dirigenti hanno ammesso che la produttività del gruppo è bassa. Il sito del quotidiano Handelsblatt ha ricordato che gli 1,6 euro di utile su 100 di ricavi realizzati dai modelli Volkswagen come Golf e Passat sono ben meno non solo dei 10 euro delle auto di lusso di Mercedes o Bmw, ma anche dei 6 che incassa Peugeot. Il quotidiano Die Welt ha sottolineato le «grosse debolezze» del piano, mentre Hb sostiene che «il successo dell’operazione non è garantito, Vw non si può più permettere tentennamenti»: il gruppo perde miliardi per le multe dello scandalo dei test truccati sui motori diesel e nuovi investimenti si lasciano finanziare solo se Vw diventa più snella ed efficiente».
Questa espressione indica due necessità a cui il gruppo, con l’accordo dei sindacati, sta cercando di rispondere. La riduzione degli occupati sembra essere il primo round di una strategia di lungo corso. I concorrenti diretti del gigante tedesco, come Toyota o General Motors, occupano rispettivamente 350 mila e 200 mila lavoratori. La conversione elettrica della produzione risponde alla stessa esigenza. La costruzione delle nuove auto richiede molte meno persone di quelle tradizionali. Il segnale a questo mercato in crescita è stato dato dalla Cina, il più grande mercato automobilistico del mondo: a partire dal 2018 porterà la quota di veicoli elettrici dall’8% al 12%. Volkswagen intende vendere 60 mila veicoli in Cina entro il 2018.
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