Proteste di piazza contro The Donald: «Dureranno quattro anni»
A meno di 24 ore dall’elezione di Donald Trump come presidente, in più di venti città degli Stati uniti i cittadini sono scesi in piazza, numerosi, per manifestare la propria contrarietà e la propria preoccupazione. Migliaia di persone a Boston, Chicago, New York, Seattle, Oakland, Austin, Portland, Albuquerque, Los Angeles, si sono organizzate tramite un tam tam online e nel giro di poche ore sono arrivate nei luoghi di concentramento.
La manifestazione più imponente, come prevedibile, è stata quella di New York dove, sotto la Trump Tower, si sono riuniti due eventi: un rally, vale a dire una specie di comizio che si è svolto a Columbus Circle, l’angolo sud ovest di Central Park, e un corteo partito da Union square, downtown Manhattan. Oltre 10.000 persone per un corteo che ha occupato venti isolati: si tratta di numeri imponenti in America.
La composizione di questo corteo, così come quello delle manifestazioni nelle altre città, era estremamente vario: Occupy Wall Street, i sanderisti, Black Lives Matter, il movimento Lgbtq e poi qualsiasi gruppo che si è sentito offeso da Trump durante la sua violentissima campagna elettorale: rappresentanti della comunità messicana, musulmana, donne, uniti nel dire «Non sei il nostro presidente».
Dopo mesi di dichiarazioni offensive, drastiche, Trump è salito sul podio ed ha pacatamente annunciato che sarà il presidente di tutti, e che da ora in poi il paese deve essere unito. Come a dire, «Tutto passato, voltiamo pagina».
Questo per le migliaia di persone in piazza, ieri, non è accettabile, e se ora vuol essere il presidente di tutti, non è detto che tutti ora lo vogliano come presidente. Un altro messaggio che arriva da questa manifestazione è un avvertimento: c’è una parte di America che lo osserva, ed è pronta a manifestare ogni volta che ce ne sarà bisogno, non gli lascerà applicare il suo folle programma in silenzio, ed il piano è quello di mobilitarsi già da ora per le elezioni di medio termine, che avverranno tra due anni, in modo da rimettere in mano ai democratici camera e senato, ed arrivare in forze al 3 novembre 2020, data delle prossime presidenziali.
Per le strade c’era anche Michael Moore che ha fatto un livestream della manifestaione e che il giorno dopo ha pubblicato sul suo sito e poi pubblicizzato tramite tutti i suoi canali social, le azioni da compiere subito, prima che Trump possa fare troppi danni. In questo momento i cittadini americani hanno il compito di far sentire il dissenso; con tutti gli organi di potere in mano repubblicana e sempre un giudice della corte suprema da eleggere, la base non può delegare tutto ai propri depotenziati rappresentanti, e di questo i manifestanti sono consapevoli.
«Durante l’era Bush sono stato un attivista e un radio-giornalista – dice Rob Vincent, hacker, e tutt’ora giornalista e attivista – adesso mi sento come se dei muscoli che non uso da 8 anni stiano ricominciando a lavorare».
L’America di oggi non ha alle spalle solo i due mandati di Obama, ma l’esperienza di un’opposizione che era diventata sistematica, alla presidenza Bush; dopo questa c’è stata Occupy Wall Street, il nuovo movimento per i diritti civili degli afro-americani, il fenomeno Bernie Sanders.
Le manifestazioni di ieri non saranno un episodio isolato, ma sono il segnale che non sarà una presidenza semplice quella di Trump che rischia, da qui in avanti, di ritrovarsi sempre metà nazione a ricordargli che non si ritiene rappresentata da lui e con la quale dovrà fare i conti.
Le offese di Trump risuonano ancora nelle orecchie di chi le ha ricevute e coprono uno spettro ampio della popolazione.
Il timore di molti è che queste manifestazioni possano incrociarsi e quindi scontrarsi con quelle dei sostenitori di Trump che ha più volte invitato la sua base a non perdersi in sciocche correttezze e passare all’azione con i propri avversari.
Al momento ciò non sta accadendo, ma le piazze non rimarranno vuote. «Devo allontanarmi in attimo, fino a quando continua questa protesta?» – ha chiesto un ragazzo a una militante davanti la Trump Tower, l’altra sera. «Quattro anni» è stata la risposta.
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