«Basta attacchi a Israele» e Tel Aviv ringrazia l’Italia
GERUSALEMME «Ringraziamo e ci felicitiamo con il governo italiano per questa importante dichiarazione». Con queste parole del portavoce del ministero degli esteri, Emmanuel Nahshon, Israele ha applaudito alle parole del presidente del consiglio italiano Matteo Renzi che ha definito «allucinante» la recente risoluzione dell’Unesco sullo status della Spianata delle mosche, risoluzione sulla quale l’Italia si è astenuta, in linea con la posizione europea. Secondo Renzi, che ha addossato ogni responsabilità al ministro degli esteri Gentiloni, accusandolo di aver votato «in automatico», «Non si può continuare con queste mozioni finalizzate ad attaccare Israele». Il premier ha lanciato un avvertimento: «Se c’è da rompere su questo l’unità europea che si rompa».
Renzi si dice addirittura pronto a rompere con l’Ue. Lo farebbe per Israele e non per le politiche scellerate dell’Europa a guida tedesca che penalizzano lo sviluppo, il lavoro, la ripresa economica a danno anche di milioni di essere umani. In realtà non si deve dare peso eccessivo a questo gesto, quasi una boutade, che non ha alcun valore politico concreto e che vuole solo riaffermare l’alleanza con il governo Netanyahu, è un modo per dire «presente, ho fatto la mia parte». Renzi ha segnalato di aver accolto le pressioni che Tel Aviv sta facendo sui principali alleati in Europa – la Repubblica Ceca e, appunto, l’Italia – dopo il voto all’Unesco che Israele descrive come una negazione dei legami tra gli ebrei e la Spianata delle Moschee, il sito religioso islamico che secondo gli ebrei coincide con il Monte del biblico Tempio distrutto duemila anni fa.
Il presidente del consiglio italiano deve sapere che si è accalorato tanto per qualcosa, lo status del luogo santo, che Israele non può mutare, se non vuole andare alla rottura delle relazioni con la Giordania, sua strettissima alleata, e scatenare reazioni ovunque nel mondo arabo-islamico perdendo le amicizie che si è costruito dietro le quinte in questi anni. Quando sul tavolo ci sono le moschee di al Aqsa e della Roccia nessun re, principe e presidente musulmano può mostrarsi compiacente, la difesa del luogo santo è sicura ed automatica. Netanyahu lo sa bene. La monarchia hashemita, discendente dalla famiglia di Maometto, si considera custode di Haram al Sharif, la Spianata delle moschee. E ha già fatto la voce grossa un anno fa di fronte alle “visite” al sito da parte di militanti della destra religiosa israeliana, obbligando Netanyahu a rispettare lo status deciso quasi 50 anni fa, dopo l’occupazione di Gerusalemme est da parte di Israele, che non nega ai fedeli di altre fedi di visitare il sito ma riserva il diritto di pregarvi solo ai musulmani.
A Gerusalemme gli ebrei pregano al Muro del Pianto, i cristiani al Santo Sepolcro e i musulmani alla Spianata. Rompere questo equilibrio scatenerebbe reazioni imprevedibili. E Renzi farebbe bene a domandarsi cosa accadrebbe se i musulmani o i cristiani chiedessero di pregare al Muro del Pianto che pure è parte della Spianata/Monte del Tempio. Lo status quo perciò è la condizione migliore per le tre fedi monoteistiche a Gerusalemme e l’Unesco – al di là del tono del testo e dei toponimi islamici usati nella risoluzione – non ha fatto altro che ribadirlo e richiamare Israele al suo rispetto. La risoluzione dell’agenzia dell’Onu approvata martedì scorso, condanna le presunte visite di preghiera degli attivisti israeliani e chiede al governo Netanyahu di adottare misure per prevenire provocazioni che violano l’integrità delle moschee. Denuncia gli scavi fatti e le infrastrutture costruite unilateralmente Israele nell’area che riguarda anche la Spianata delle Moschee. Più di tutto il documento dell’Unesco ribadisce che Israele è la potenza occupante a Gerusalemme est. Il testo perciò è in linea con il diritto internazionale e le risoluzioni dell’Onu 242 e 338 votate dopo la Guerra dei Sei Giorni.
Le violazioni dello status quo sono sempre sfociate in violenze con morti e feriti. Nell’ottobre 1990 il progetto di una organizzazione messianica israeliana di cominciare la costruzione del Tempio sulla Spianata causò scontri tra dimostranti e polizia che si conclusero con la strage di 20 palestinesi. Nel settembre 2000 la famosa “passeggiata” dell’ex premier israeliano Ariel Sharon sulla Spianata innescò la seconda Intifada palestinese.
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