Fiom: 115 anni in lotta per i diritti
Centoquindici anni di storia della Fiom sono stati celebrati ieri al Senato dal presidente Aldo Grasso con il segretario generale Cgil Susanna Camusso, quello dei meccanici di Corso Italia Maurizio Landini, Francesca Re David, Gianni Rinaldini (presidente Fondazione Claudio Sabattini) e Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale. «La Fiom è stata grande protagonista e non ha mai mancato, nelle diverse fasi della storia del nostro Paese, di rappresentare il lavoro, di agire per rendere concreto ed effettivo il principio lavorista sancito dalla nostra Costituzione – ha detto Grasso – È compito della politica e delle istituzioni impedire in ogni modo che si formi un vuoto di rappresentanza del lavoro e dei suoi valori, che si interrompa quel dialogo fecondo che ha caratterizzato – con la dinamica democratica del conflitto e del suo superamento – decenni della nostra storia».
La celebrazione ha coinciso con un conflitto aspro tra i meccanici della Cgil, e Fim e Uilm, e Federmeccanica sul contratto. Gli industriali attaccano il contratto nazionale e puntano a concedere aumenti solo al 5% della categoria. Dopo i cortei degli ultimi giorni, lo sciopero degli straordinari è stato efficace. «Tante aziende ci stanno chiedendo lo stop all’agitazione – sostiene Landini – Federmeccanica deve riprendere le trattative per un vero contratto e togliere dal tavolo l’idea che gli aumenti salariali non debbano essere per tutti ma solo per pochi. O si elimina questo attacco al contratto nazionale o il contratto non si fa. La proposta di Federmeccanica non ha il consenso della maggioranza dei metalmeccanici».
«La nostra storia recente è stata caratterizzata dall’articolo 8, dal privilegiare i contratti aziendali, dai contratti che non si rinnovano da anni come quello del Pa, dalla grande distribuzione ha ricordato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso- A chi usa sistematicamente questo argomento bisogna ricordare che sta riproducendo ricette ormai di due secoli fa». L’allusione è a Federmeccanica e, in generale, a una visione che tende a delegittimare o a fare a meno dei corpi intermedi e dei sindacati, propria dell’area governativa. Con Renzi a Palazzo Chigi questa visione viene praticata in lungo e in largo.
A chi le ha chiesto un confronto tra l’Italia che ha subìto l’approvazione del Jobs Act e la Francia che vede la Cgt in piazza da tre mesi contro la «Loi Travail», Camusso ha risposto di rifiutare l’immagine di un «paese immobile» con un sindacato impotente: «Di immobile c’è stato solo il Parlamento che senza colpo ferire dà la fiducia a qualunque legge – ha aggiunto – Noi eravamo in piazza e abbiamo fatto uno sciopero generale». La Cgil convocò il 25 ottobre 2014 una manifestazione con un corteo da un milione di persone a Roma e uno sciopero generale (con la sola Uil) il 12 dicembre successivo, nove giorni dopo l’approvazione della legge delega sul Jobs Act al Senato. L’opposizione sindacale rimase scollegata dai movimenti che convocarono a Roma uno «sciopero sociale» il 14 novembre. In Francia, invece, oggi si parla di «convergenza delle lotte». Forse la sensazione di «immobilismo» del sindacalismo italiano è data anche dalla non perfetta tempistica della sua opposizione. In tre mesi la Cgt ha partecipato a dieci manifestazioni nazionali insieme a sindacati, associazioni e partiti della sinistra francese, ha lanciato una serie di scioperi generali e di settore (ferrovie, centrali nucleari, raffinerie) prima dell’approvazione definitiva della riforma del lavoro in Francia.
Al problema del vuoto della rappresentanza del lavoro, evocato da Grasso, si è dedicato Zagrebelsky. «Il diritto del lavoro nasce dall’esigenza di proteggere in sede di negoziazione la parte più debole. Se questo elemento manca – allora – viene meno il diritto stesso. Provate a dire che la Repubblica è fondata sul lavoro a ragazzi di 19-20 anni. Oggi la situazione è drammatica: la forza del “fatto” ha rovesciato la forza normativa della Costituzione. Questo durerà finché non si riuscirà a rovesciare questo scenario» ha detto. «Siamo in un terreno inedito: ora nella proposta del governo si arriva perfino al prestito della pensione, alla pensione col mutuo» ha aggiunto Gianni Rinaldini che sostiene la necessità di costruire «forme organizzative diverse del sindacato. Tutti i nostri valori, ci sono ancora per intero: come esercitarli dipende da noi. Poi ci sono le lotte da vincere, prima fra tutti quella dei meccanici a difesa del contratto nazionale».
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