ROMA «Oggi di noi sanno più Google, Amazon e Facebook di quanto sappiano Guardia di Finanza, Carabinieri e servizi segreti messi insieme». Così parlava Marco Carrai lo scorso agosto al Meeting di Rimini, l’evento annuale di Comunione e liberazione. Tutte le informazioni che passano sulle piattaforme digitali (100 miliardi di miliardi di dati ogni anno) sono i Big Data, il settore del quale dovrebbe occuparsi l’amico fraterno di Matteo Renzi nell’ambito della sua consulenza col governo. Incarico a lungo rinviato, com’è successo anche l’altro ieri, tanto che a Palazzo Chigi non si esclude un passo indietro di Carrai, ovvero la rinuncia a entrare nello staff di Renzi. Il premier lo ha fatto capire sottolineando più volte, in conferenza stampa, che «la campagna mediatica contro sta influendo sulla decisione di Carrai. Non so se abbia cambiato idea ma io lo voglio ancora con me». Non scherzava. Un messaggio inviato soprattutto all’amico, infastidito per il fuoco di sbarramento che ha indebolito il suo ruolo fino a ridurne poteri e confini e, dicono, anche per la gestione maldestra della vicenda, culminata nei continui slittamenti del via libera.
Certo, non è facile dire di no a un amico che è anche il presidente del Consiglio e che ti difende pubblicamente spiegando che nulla per lui è cambiato. Ecco perché Carrai e Renzi stanno continuando a studiare il modo migliore per lo sbarco a Palazzo Chigi, definendo le competenze della cybersecurity, senza pestare troppi piedi. Perché quello che è sicuro è che dalle strutture di intelligence sono arrivati degli stop espliciti sotto forma di dubbi e interrogativi sulla nomina di Carrai e sulle sue funzioni, dubbi fatti propri anche dal capo dello Stato Sergio Mattarella.
La cybersecurity targata Carrai potrebbe dunque cominciare occupandosi dei Cert (Computer Emergency Response Team),le squadre che difendono la sicurezza informatica. In Italia ce ne sono due principali: la Sogei e il Cert del ministero della Difesa. La Sogei fa capo al ministero dell’Economia, si muove nell’ambito del decreto del 2014 per la Strategia nazionale della sicurezza informatica e serve a evitare intrusioni nei sistemi della pubblica amministrazione, a risolvere incidenti, a difendere materiale sensibile che passa per le reti digitali dello Stato. Il Cert Difesa ha un compito ancora più delicato perché è i suo dati contengono elementi legati alla sicurezza nazionale. Poi ci sono il Cert di Poste e il Cert dello Sviluppo economico. «Bisogna fare un po’ di pulizia in queste strutture», dicono a Palazzo Chigi. Se ne occuperà Carrai, coordinando lo scambio di informazioni.
Sui Big Data il punto non è certo la privacy dei cittadini. «La segretezza dei dati ha a che fare con la politica», suggerisce un ministro molto vicino a Renzi. «Berlusconi ha costruito la sua carriera pubblica sui sondaggi, domani queste carriere poggeranno sui Big Data». Sono dati che vanno difesi dalle “infiltrazioni” dei candidati o dei partiti. Nell’ultima serie di House of Cards, la fiction preferita da Renzi, l’avversario di Frank Underwood (Kevin Spacey), usa i flussi di un motore di ricerca per sapere cosa vogliono gli elettori, quali sono i loro gusti, i loro umori. Meglio di un sondaggio, vita reale. La cybersicurezza dovrebbe vigilare sull’uso politico di questa massa di informazioni.
Basteranno queste competenze a convincere Carrai ad abbandonare le sue attività private, a creare un blind trust, a rinunciare a un po’ di affari per avere un ufficio a Palazzo Chigi? È troppo poco rispetto alle aspettative e alle promesse di Renzi? Sono le domande che si sta ponendo l’imprenditore di Greve in Chianti. E davvero non si esclude che possa tirarsi indietro.