Inizialmente hanno bloccato i bus per circa 15 minuti, urlando insulti e lanciando diverse teste di maiale contro l’entrata dell’ex caserma militare che attualmente ospita circa 400 migranti.
La polizia greca è stata schierata per evitare ogni violenza e calmare la situazione. Il messaggio è stato chiaro, i migranti non sono graditi.
Da venerdì pomeriggio, bus carichi di rifugiati lasciano il campo profughi improvvisato di Idomeni, la cittadina greca sul confine con la Repubblica di Macedonia, dove circa 12 mila migranti aspettano di attraversare il confine da oltre un mese.
Le autorità greche hanno messo a disposizione tre nuovi campi a circa 120 chilometri da Idomeni: due a Katerini e quello di Veria. Proprio quest’ultimo è stato il primo a riempirsi.
Queste strutture possono ospitare fino a 1000 persone: 400 nel campo di Veria, 600 nei due campi di Katarini.
La gestione è in mano all’esercito greco, che ha provveduto alle sistemazioni e si occuperà della distribuzione di cibo, coperte, vestiti e di tutto ciò di cui i migranti avranno bisogno.
I rifugiati sono stati sistemati in grosse tende, ognuna delle quale può ospitare fino a otto persone. I servizi igienici sono a sufficienza per tutti, le code per il cibo e l’acqua sono veloci e accanto a uno dei campi di Katerini vi è un piccolo parco giochi che verrà sicuramente apprezzato dai bambini.
Cristos Vlahos, comandante della sezione immigrazione illegale di Katerini, ci tiene inoltre a sottolineare che anche se vengono registrati “questi non sono campi di detenzione. Sono campi dove i migranti sono liberi di entrare e uscire quando vogliono. Possono anche andarsene senza alcun problema.”
Inoltre, conferma che chiunque potrà spostarsi da Idomeni, qualsiasi sia la sua nazionalità. “Questa è una sistemazione momentanea migliore che al confine. Qui i migranti, anche quelli economici, possono aspettare finché non verrà presa una decisione sul loro singolo caso dagli uffici greci per l’asilo politico” continua. Nonostante tutto, la maggior parte delle persone arrivate da Idomeni sono Siriani e Iracheni.
Marco Buono, capo dell’ufficio di Salonicco dell’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), spiega che prima di collaborare con le autorità greche, si sono accertati delle condizioni delle strutture e di come saranno assistiti i migranti e rassicura sulla faccenda. “È giusto muoversi in questa direzione frazionando i migranti in più campi. Idomeni è sovraffollato e le condizione sono pessime,” conclude.
Secondo Babar Baloch, portavoce dell’Unhcr, gli operatori dell’Onu sono già presenti a Veria. Altri raggiungeranno i campi di Katerini mano a mano che si riempiranno.
Intanto al campo di Idomeni i migranti sono divisi tra chi è felice di lasciarsi alle spalle le terribili condizioni di vita al confine greco-macedone, e chi non si fida di questo programma di trasferimento iniziato così all’improvviso.
La paura è che le condizioni di vita siano ancora peggiori, che possano essere detenuti o addirittura rimandati in Turchia. Per questo rimangono a Idomeni e continuano ad occupare i binari all’urlo “Open the border” (aprite la frontiera).
Proprio per questo motivo i trasferimenti stanno procedendo a rilento.
Sabato, uno dei due campi di Katerini era completamente vuoto. Un militare dell’aereonautica spiega che c’è poca informazione e afferma: “I migranti non sanno che qui la situazione è migliore e che nessuno verrà portato in Turchia. Se solo vedessero come abbiamo organizzato il campo avremmo la fila all’entrata.”
Tuttavia rimangono alcuni dubbi sull’efficienza dei nuovi campi aperti in questi giorni nel nord della Grecia. Elisa, siriana, si trova con i suoi tre figli nel campo presso la cittadina costiera Kalivia Varikou a circa 15 minuti di macchina da Katerini.
La struttura, aperta da soli cinque giorni e gestita dall’esercito, ospita i migranti provenienti dal porto di Mitilene, sull’isola greca di Lesbo.
“Un sandwich striminzito non basta per un bambino. Abbiamo fame e anche le tende non sono adeguate. Ci coprono la testa, ma non avendo il pavimento dormiamo sulla terra umida e abbiamo freddo,” spiega. “I dottori vengono qua una volta ogni tanto e non c’è nessuno che ci informi su come richiedere l’asilo politico. Non sappiamo cosa dobbiamo fare.”