Il cuore di Lesbo, candidata al Nobel “Qui salviamo i profughi e l’Europa”
LESBO Sulla spiaggia di Skala Sykaminias ci sono montagne di giubbotti arancioni, teli di plastica strappati, guanti di lana ancora fradici: tutto quel che rimane di una tragedia quotidiana. Perché è qui che arrivano i migranti reduci dalla precaria traversata del braccio di mare che separa la Turchia da quest’isola greca. Tra loro anche donne e neonati. La Guardia Costiera li raccoglie al buio, li porta a riva, li salva. L’isola di Lesbo ha 87 mila abitanti e ha già accolto mezzo milione di profughi arrivati dal mare turco. Lo ha fatto con la dolcezza di Emilia, 83 anni, le carezze ai bambini siriani di Mariza, 85 anni, le lacrime di dolore di Stratia, 90 anni. E Laura Boldrini è venuta fin qui per dire grazie a queste tre nonne, «simbolo di un’Europa che accoglie, che non ha dimenticato i suoi valori fondanti ». La presidente della Camera entra in casa di Mariza, nel tinello azzurro con la stufa a legna e il merletto sotto la televisione. Stringe le mani a queste donne forti, figlie di profughi greci scappati dalla Turchia nel 1922: «Non sopportiamo il dolore di chi sbarca, perché noi lo conosciamo, quel dolore», dicono le donne.
Questa di Lesbo è l’ultima tappa di una missione all’insegna dell’emergenza migranti, a sostegno della Grecia, lasciata «troppo sola a gestire le conseguenze dell’esodo», dice Boldrini entrando nella casetta di Mariza, a cui dice: «Grazie per quel che fate continuate così ». A lei e alle altre due signore ha portato in dono tre sciarpe bianche. Poi ringrazia anche Valamios Stratis, il pescatore che ogni notte, da anni, va in cerca di naufraghi da salvare con la sua barca.
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