Gli skinhead in piazza caccia ai ragazzini “Basta stranieri in Svezia”

Gli skinhead in piazza caccia ai ragazzini “Basta stranieri in Svezia”

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STOCCOLMA Il minuto di silenzio per Alexandra Nezher, la 22enne svedese pugnalata a morte da un 15enne somalo, scatta alle 13,30 in punto a Norrmalmstorg splendida piazza del centro di Stoccolma. Tacciono tutti sull’attenti, molti giovani testa rasata e giubbotti neri con le due lettere ‘HH’, Heil Hitler, operai anziani, qualche famiglia giovane e signore in cappotto di cammello. Erano un migliaio, non tanti, ma qui fa impressione. Poche ore prima, nella notte, un centinaio di loro, squadre di giovani incappucciati, si sono scatenati nel pogrom a Sergelstorget, la spianata col Palazzo della Cultura voluto da Olof Palme sopra il grande incrocio della metro. Pestaggi, grida e slogan, città terrorizzata. «Puniamo i ragazzini maschi di strada marocchini, le nostre donne non si toccano ». Botte coi tirapugni anche alla polizia, ma qui gli agenti rispondono duro: quattro arresti, e la Saepo (lo MI5 svedese) indaga sulla galassia nera.

Weekend di tensione nella Londra del Nord. «Alexandra, ti dedichiamo un minuto di silenzio, tu di origini libanesi ma integrata e svedese come noi sei la nostra eroina, al tuo assassino e ai suoi amici non daremo pace», dice un’oratrice degli Sveriges Demokraterna, i populisti numero uno in alcuni sondaggi. Il vento gonfia striscioni e cartelli: «Merkel, Loefven (il premier socialista svedese, ndr), Juncker, traditori dei popoli europei», «Basta con gli assassini». Poi il comizio riprende, richieste dure: «Non siamo razzisti se chiediamo di buttar fuori quei criminali islamici, i razzisti furono e sono Hitler, Breivik e oggi i terroristi dell’Is». Sul lato nordovest della piazza pochi giovani di sinistra gridano slogan antifascisti. «Mi piacerebbe dare una lezione a quei comunisti, come l’altra notte coi marocchini”, mi dice un ragazzo biondo.

Gli agenti in tenuta antisommossa fanno cordone, mani pronte a impugnare manganelli, taser o pistole, coi furgoni Mercedes giallieblu creano un muro tra le due parti della piazza. Una signora dell’ufficio stampa della polizia informa noi giornalisti: «Il pogrom notturno l’hanno organizzato online, come un flashmob, l’ordine era “aggredire bambini rifugiati”».

«Tranquillo, organizziamo ronde civiche, siamo in contatto con gli amici, i tedeschi di Pegida e le forze sane da voi», mi dice Olof, corpulento e sorridente riservista dell’esercito. Alto, testa rasata come i suoi amici, uno di loro torna da un negozio vicino, busta di plastica piena di lattine di birra. «Siamo decisi, noi europei sani, cristiani e bianchi dobbiamo fare in fretta. Blitzkrieg, e insieme come si coordinano loro aggredendo le nostre donne a Capodanno da Colonia a Helsinki, da Goeteborg a Zurigo. Glie la faremo vedere, siamo tutti ben addestrati per il servizio militare obbligatorio».

No al razzismo, gridano i pochi controdimostranti che la polizia protegge col muro di furgoni e agenti pronti al peggio. «Bisogna dar lezioni e salvare l’Europa bianca, come quando a scuola pestammo in classe un marocchino cleptomane, rubava a tutti. Il preside ci accusò di razzismo, ecco dove ci portano i socialisti». Kalle, magro e rasato accanto a noi, annuisce: «Guarda i comunisti che ci contestano, meriterebbero una lezione, non capiscono che anche le loro donne rischiano per gli stupratori musulmani». Ore 14,40, il flashmob si scioglie cantando “ Du gamla, du fria”, il dolce inno nazionale, con le loro voci suona duro e ostile.

 

 



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