Gli Usa: “In Libia pronti ai raid anti-Is”
La Casa Bianca chiede all’Italia di valutare un’accelerazione. Biden: “Anche in Siria possibile intervento”
L’INTERVENTO militare americano in Libia ci sarà, è solo questione di (poco) tempo. Al Pentagono i piani militari sono già pronti, la Casa Bianca di Obama ha dato il suo assenso e la conferma arriva dal capo di Stato maggiore, il generale Joseph Dunford: «Il presidente ha detto chiaramente che abbiamo l’autorità per usare la forza militare, siamo pronti all’azione contro lo Stato Islamico». Una decisione dovrebbe esser presa in poche settimane, si attende di capire se il nuovo governo di unità nazionale del premier Fayez Sarraj riuscirà a essere votato dal parlamento di Tobruk entro la fine di gennaio e se riuscirà poi a insediarsi a Tripoli.
I piani militari prevedono che i caccia dell’US Air Force insieme a quelli francesi, britannici e italiani prendano di mira le basi, le installazioni, i depositi del “califfato” in Libia. E per preparare questo lavoro di selezione degli obiettivi da almeno 3 mesi sulla Libia vengono effettuati voli di intelligence anche con i Predator dell’Aeronautica italiana. L’ipotesi americana prevede una campagna massiccia, durata prevista dai 7 ai 10 giorni, con agli alleati che non si tireranno indietro.
Nel frattempo in Libia sono arrivati i primi militari delle forze speciali: americani, britannici, francesi vengono segnalati in schieramento nella zona di Tobruk e di Misurata dai media arabi. Ieri c’è stata una segnalazione anche per i russi, ma non c’è nessun riscontro sul terreno. Negli ultimi mesi le forze speciali hanno condotto missioni clandestine per identificare nel modo più preciso possibile i leader militari e le installazioni dello Stato Islamico. Francia e Gran Bretagna da tempo premono per un intervento militare, anche senza attendere il nuovo governo di unità nazionale. Gli Stati Uniti riconoscono all’Italia una leadership sul tema Libia, ma nelle ultime settimane l’amministrazione Obama ha chiesto a Roma di valutare un’accelerazione della preparazione dei piani, per essere pronti ad attacchi anche senza il governo Sarraj. Renzi ha risposto che era necessario attendere la formazione del nuovo governo, e che fossero poi i libici a chiedere un intervento autorizzato dall’Onu.
Il nostro governo ha valutato anche il pericolo di una reazione terroristica dell’Is in Italia in caso di attacchi preventivi messi a segno senza un forte sostegno internazionale, senza autorizzazione Onu. Renzi però in maniera cautelativa il 12 gennaio, nel corso di una riunione a Palazzo Chigi, ha autorizzato il rischieramento di 4 cacciabombardieri AMX da Treviso a Trapani, e lo ha fatto rendere noto con un comunicato del ministero della Difesa. Dice una fonte del governo italiano che «la nostra politica rimane quella di premere sui libici per formare il loro governo, ma siamo pronti a colpi di mano dell’Is in Libia, di fronte ai quali non rimarremmo inerti». I piani italiani si incrociano con le valutazioni del generale Dunford: per gli Stati maggiori americani possibili azioni mirate contro l’Is in tempi brevi hanno un duplice obiettivo. Frenare l’avanzata dei militanti dell’Is e lanciare un messaggio alle altre fazioni libiche in lotta: se non trovate un accordo vero i prossimi a essere colpiti sarete voi. «L’espansione di Daesh è molto preoccupante. Penso che sia abbastanza chiaro a tutti noi che qualsiasi decisione sarà presa in collaborazione con il nuovo governo», ha detto il generale americano Dunford dopo un colloquio con i vertici militari francesi a Parigi ma «il mio punto di vista è che abbiamo bisogno di fare di più».
Sull’altro fronte duella guerra all’Is, quello siriano, il vice-presidente americano Joe Biden che ieri ha incontrato il premier turco ha Davutoglu ha detto: «Pur lavorando a una soluzione politica del conflitto insieme alla Turchia gli Usa sono pronti a una soluzione militare ». Dichiarazioni definite «distruttive» da una fonte diplomatica russa e in seguito ridimensionate dalla Casa Bianca: «Non ci sono cambiamenti nella nostra strategia in Siria».
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