Blitz alla Renault per il caso dieselgate
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PARIGI Qualche dubbio sulle prestazioni dei motori diesel Renault circolava da tempo, e un mese fa il direttore delegato alla competitività Thierry Bolloré aveva ammesso che il costruttore francese non fa parte del gruppetto dei migliori della classe quanto alle emissioni. La situazione è precipitata all’improvviso ieri, in modo casuale e — secondo il governo francese — ingiustificato.
In un volantino diffuso nella fabbrica di Lardy, il sindacato CGT chiedeva con un grande titolo «Dove sono le assunzioni supplementari?». Ma in un riquadro più piccolo, ecco la notizia che «agenti della DGCCRF (repressione frodi) sono intervenuti in diversi stabilimenti Renault giovedì scorso». Questo è bastato per fare pensare a uno scandalo simile a quello che ha travolto Volkswagen nel settembre scorso. Il titolo è crollato in Borsa fino al 22 per cento, prima che le dichiarazioni rassicuranti del governo — primo azionista di Renault — riuscissero a contenere il disastro. Alla fine, la seduta si è chiusa con le azioni Renault in perdita del 10,28%.
In serata, il portavoce del sindacato Fabien Gâche ha rimproverato i media per essersi «scatenati su un falso paragone con la truffa della Volkswagen, senza preoccuparsi della realtà, con conseguenze particolarmente disastrose per i dipendenti e anche per i clienti Renault».
Ma poche ore prima, era stato lo stesso sindacato CGT a mettere in relazione, nel famoso volantino, le perquisizioni in tre stabilimenti Renault e lo scandalo della casa tedesca: i controlli sono stati condotti in settori come «l’omologazione e la messa a punto dei controlli del motore» che lasciano pensare a un «legame con le conseguenze dell’affare dei motori truccati di Volkswagen».
Il colosso tedesco ha ammesso a settembre che le sue auto diesel sono dotate di un software che permette di ridurre le emissioni inquinanti durante i test di controllo. Volkswagen è stata quindi costretta a lanciare un piano di richiami per 8 milioni e mezzo di auto nell’Europa continentale, 1,2 milioni nel Regno Unito e mezzo milione negli Usa.
Il sospetto che Renault potesse essere presto costretta a un provvedimento simile ha diffuso il panico nei mercati, fino a quando non è intervenuta la ministra dell’Ambiente e dell’Energia, Ségolène Royal, che ha improvvisato una conferenza stampa intorno alle 16 e 30 per comunicare i risultati dei test del laboratorio Utac-Ceram da ottobre a oggi su 100 automobili: «Renault non utilizza alcun software per truccare le prestazioni dei motori — ha detto Royal —, anche se supera i limiti di CO2 e di ossido d’azoto». I test sono stati effettuati anche su auto Peugeot, Citroën, Volkswagen, Mercedes, Ford, Opel, Toyota e BMW. Anche due costruttori stranieri — la ministra non ha voluto precisarne i nomi — non rispettano le soglie. Nelle prossime settimane saranno testate le vetture Nissan, Volvo, Suzuki e Fiat.
In visita a Berlino, il ministro dell’Economia Emmanuel Macron ha sottolineato che «la situazione di Renault non è in alcun modo comparabile a quella di Volkswagen». Ma si può inquinare troppo anche senza ricorrere a un software. Secondo la radio pubblica France Inter, lo scarto tra test di laboratorio e controlli in condizioni di marcia è «normale», cioè le emissioni reali sono il doppio, per PSA Peugeot Citroën; pari a tre o quattro volte per Volkswagen, e molto di più nel caso di Renault.
Stefano Montefiori
In un volantino diffuso nella fabbrica di Lardy, il sindacato CGT chiedeva con un grande titolo «Dove sono le assunzioni supplementari?». Ma in un riquadro più piccolo, ecco la notizia che «agenti della DGCCRF (repressione frodi) sono intervenuti in diversi stabilimenti Renault giovedì scorso». Questo è bastato per fare pensare a uno scandalo simile a quello che ha travolto Volkswagen nel settembre scorso. Il titolo è crollato in Borsa fino al 22 per cento, prima che le dichiarazioni rassicuranti del governo — primo azionista di Renault — riuscissero a contenere il disastro. Alla fine, la seduta si è chiusa con le azioni Renault in perdita del 10,28%.
In serata, il portavoce del sindacato Fabien Gâche ha rimproverato i media per essersi «scatenati su un falso paragone con la truffa della Volkswagen, senza preoccuparsi della realtà, con conseguenze particolarmente disastrose per i dipendenti e anche per i clienti Renault».
Ma poche ore prima, era stato lo stesso sindacato CGT a mettere in relazione, nel famoso volantino, le perquisizioni in tre stabilimenti Renault e lo scandalo della casa tedesca: i controlli sono stati condotti in settori come «l’omologazione e la messa a punto dei controlli del motore» che lasciano pensare a un «legame con le conseguenze dell’affare dei motori truccati di Volkswagen».
Il colosso tedesco ha ammesso a settembre che le sue auto diesel sono dotate di un software che permette di ridurre le emissioni inquinanti durante i test di controllo. Volkswagen è stata quindi costretta a lanciare un piano di richiami per 8 milioni e mezzo di auto nell’Europa continentale, 1,2 milioni nel Regno Unito e mezzo milione negli Usa.
Il sospetto che Renault potesse essere presto costretta a un provvedimento simile ha diffuso il panico nei mercati, fino a quando non è intervenuta la ministra dell’Ambiente e dell’Energia, Ségolène Royal, che ha improvvisato una conferenza stampa intorno alle 16 e 30 per comunicare i risultati dei test del laboratorio Utac-Ceram da ottobre a oggi su 100 automobili: «Renault non utilizza alcun software per truccare le prestazioni dei motori — ha detto Royal —, anche se supera i limiti di CO2 e di ossido d’azoto». I test sono stati effettuati anche su auto Peugeot, Citroën, Volkswagen, Mercedes, Ford, Opel, Toyota e BMW. Anche due costruttori stranieri — la ministra non ha voluto precisarne i nomi — non rispettano le soglie. Nelle prossime settimane saranno testate le vetture Nissan, Volvo, Suzuki e Fiat.
In visita a Berlino, il ministro dell’Economia Emmanuel Macron ha sottolineato che «la situazione di Renault non è in alcun modo comparabile a quella di Volkswagen». Ma si può inquinare troppo anche senza ricorrere a un software. Secondo la radio pubblica France Inter, lo scarto tra test di laboratorio e controlli in condizioni di marcia è «normale», cioè le emissioni reali sono il doppio, per PSA Peugeot Citroën; pari a tre o quattro volte per Volkswagen, e molto di più nel caso di Renault.
Stefano Montefiori
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