Catalogna, Mas lascia, e la Cup sostiene il nuovo governo indipendentista
BARCELLONA. Ennesimo colpo di scena nella politica catalana. Quando ormai tutto sembrava perduto, che le elezioni anticipate automatiche sarebbero state convocate domani, dopo una settimana in cui i due principali contendenti erano ormai arrivati al limite dell’insulto aperto, ieri sera alle sei arriva l’annuncio shock. Artur Mas si fa da parte e la Catalogna avrà un nuovo governo.
Ma il prezzo per gli anticapitalisti della Cup è altissimo: due dei suoi dieci deputati si dovranno «incorporare alla dinamica parlamentare» di Junts pel Sí, quello guidato dall’ormai ex presidente catalano e che unisce il centrodestra di Convergència Democràtica de Catalunya, il partito di Mas, e il centrosinistra degli indipendentisti storici di Esquerra Republicana.
In una lunga conferenza stampa, un combattivo Mas ha assicurato che due deputati della Cup passerebbero a Junts pel Sí, dandogli finalmente la maggioranza assoluta che le urne gli avevano negato: 64 contro i 63 dell’opposizione, giacché gli 8 deputati rimanenti della Cup dovrebbero difatti dimettersi in blocco «prendendosi la piena responsabilità dei loro errori», come ha sottolineato con un ghigno. Ma la deputata della Cup Eulalia Reguant lo ha poco dopo smentito: i due deputati «non smettono di essere della Cup» e «Junts pel Sí non passa da 62 a 64».
Secondo l’accordo firmato, la Cup s’impegna comunque a fare in modo che il nuovo governo non possa mai andare sotto.
Anche se ha dovuto cedere il bastone del comando, Mas ha chiarito che è lui che l’ha deciso, è lui che sceglie il suo successore, ed è lui il punto di riferimento del processo indipendentista. Non ha voluto nessun incarico nel nuovo governo: «O presidente, o ex presidente», ha detto. Ma «rimane aperta la porta: potrei ripresentarmi la prossima volta». Non ha chiarito se rimarrà deputato.
Il nuovo presidente sarà il 52enne sindaco di Girona, Carles Puigdemont, giornalista e filologo catalano, figlio di pasticceri, che milita nelle file del partito di Mas, e che a maggio è riuscito per la prima volta a strappare il governo della sua città ai socialisti. Puigdemont è l’attuale presidente dell’Associazione dei municipi indipendentisti.
È la prima volta che si arriva all’ultimo giorno disponibile per l’investitura di un governo catalano prima dello scioglimento automatico del Parlament.
In questi 3 mesi di tira e molla, Junts pel Sí ha negoziato con i movimentisti di estrema sinistra della Cup le condizioni per un loro necessario appoggio perché Mas, numero 4 della lista, fosse eletto presidente. Dopo aver raggiunto un accordo su un importante piano sociale che di fatto si rimangiava la maggior parte delle decisioni politiche prese dai 2 precedenti governi di Mas (il primo dei quali con l’appoggio del partito popolare), le negoziazioni si erano incagliate sull’ostinazione di Mas a volere a tutti i costi essere lui a guidare la Generalitat catalana in un governo di 18 mesi che dovrebbe, secondo gli accordi, mettere in moto il meccanismo di «scollegamento» della Catalogna della Spagna.
La Cup nelle ultime settimane aveva tenuto Mas sulla corda: una prima assemblea si era chiusa con un surreale pareggio (1.515 a favore di investire Mas, altrettanti contro), e un movimentato consiglio politico domenica scorsa aveva finalmente deciso, non senza molti dissensi, per il No a Mas.
Ora è innegabile che, nonostante tutto, la Cup segna un punto: ha fatto fuori Mas, uno scenario impensabile fino a 24 ore fa.
Ma l’insperata investitura ora spariglia le carte a Madrid. Le sirene dell’unità nazionale e della grande coalizione contro l’indipendentismo si faranno sentire molto forti nelle orecchie del segretario del Psoe Pedro Sánchez.
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