Amnesty accusa Mosca: 200 civili uccisi

Amnesty accusa Mosca: 200 civili uccisi

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Siria. «Crimini di guerra», dice l’organizzazione. L’associazione Airwars conta le vittime dei raid Usa: oltre 700. Nella polemica si infila anche la Turchia per screditare la Russia nel giorno in cui Lavrov accoglie a Mosca il leader dell’Hdp, opposizione a Erdogan

Una carneficina dietro l’altra: a chi ancora si chiede, con falsa ingenuità, perché i siriani sfidino la morte in mare pur di fuggire basta guardare le immagini che arrivano da Aleppo, Idlib, Hama, Homs. La Siria, cuore del Medio Oriente e suo riferimento culturale, colonna del movimento panarabista, è devastata: città in macerie, malnutrizione, tifo, economia al collasso. Resta poco dello splendore architettonico e culturale e del benessere economico. A pagarne le spese sono i civili, nel mirino di tutti gli attori della guerra globale siriana e poi lasciati ai margini quando c’è da disegnare il futuro del paese, lontani dai tavoli del negoziato dove nessuno li rappresenta.

Massacrati dallo Stato Islamico, schiavizzati, puniti, oppressi in nome di una falsa intepretazione dell’Islam; ostaggio degli scontri armati tra opposizioni e governo; target delle bombe dal cielo e dei missili da terra; “danni collaterali” delle coalizioni anti-terrorismo.

Ieri nel mirino di Amnesty International è finita la Russia, fenice rinata dalla sue ceneri e oggi super potenza nel caotico campo di battaglia siriano: sono almeno 200 i civili – dice l’organizzazione internazionale – uccisi in raid lanciati da Mosca. Venticinque i raid registrati tra Aleppo, Idlib, Homs, in un periodo di due mesi, dal 30 settembre (quando iniziò la campagna aerea) al 29 novembre. Il rapporto si fonda su interviste telefoniche e testimonianze video e foto fornite dai residenti delle zone colpite. Tra i casi riportati un raid contro una moschea, uno contro un ospedale da campo, un terzo contro il mercato delle verdure nella città di Ariha e un altro contro un convoglio che trasportava aiuti umanitari ad Azaz.

«Alcuni dei bombardamenti russi sembrano diretti ai civili perché colpiscono zone residenziali dove non ci sono evidenti target militari – spiega Philip Luther, direttore di Amnesty Medio Oriente e Nord Africa – Ciò risulta nella morte e il ferimento di civili. Sono attacchi che possono rientrare nella categoria dei crimini di guerra». Un’accusa pesante che segue ad un’altra già mossa nelle settimane precedenti: la Russia avrebbe usato ad ottobre bombe a grappolo, ordigni vietati dal diritto internazionale.

Mosca nega: il Comitato per la Difesa e la Sicurezza del Ministero della Difesa definisce il rapporto di Amnesty «una provocazione» e si dice sicuro che la comunità internazionale avrebbe sollevato la questione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu se quanto denunciato fosse vero. La notte dove tutte le vacche sono nere: i jet della coalizione occidentale non sono certo più “precisi” di quelli russi. Secondo il gruppo Airwars i civili vittime di bombardamenti statunitensi, dall’agosto del 2014, sarebbero oltre 700. Difficile fare bilanci precisi a causa dell’ovvio ostracismo di Mosca e Washington, riluttanti a lavare i panni sporchi fuori casa.

Anche la Turchia si infila nella polemica dei raid russi per screditare l’avversario: martedì Ankara è tornata ad accusare Mosca di aver colpito in modo indiscriminato la città di Idlib, uccidendo civili e miliziani delle opposizioni moderate. Gli fanno eco i gruppi armati a terra, secondo i quali i raid sulla città (occupata dai qaedisti di al-Nusra) avrebbero ucciso 40 persone, di cui molti civili.

A interessare la Turchia non è tanto la sorte dei civili, avendo dimostrato in passato di non averla a cuore lasciando Kobane in pasto all’Isis, quanto la guerra fredda in corso con la Russia. Mosca risponde a tono: ieri il ministro degli Esteri Lavrov ha accolto nella capitale Selahattin Demirtas, leader del Partito Democratico del Popolo (Hdp), fazione di sinistra e opposizione all’Akp del presidente.

Uno schiaffo in faccia ad Erdogan che ha visto in poche settimane sbriciolarsi anni di amichevoli relazioni diplomatiche ed economiche con la Russia. Il presidente russo Putin lo sa e assurge l’avversario Demirtas (che dovrebbe aprire un ufficio a Mosca, a mo’ di consolato per i turchi che lavorano e studiano in Russia) ad interlocutore sulla crisi. «Abbiamo criticato le azioni del governo quando l’aereo russo è stato abbattuto – ha detto ieri Demirtas a Lavrov – Dal primo giorno abbiamo dichiarato, come opposizione, di non sostenere la posizione di deterioramento delle relazioni con la Russia». Da parte sua Lavrov si è detto pronto a cooperare con i kurdi che combattono l’Isis tra Siria e Iraq: «Sappiamo che ci sono kurdi siriani e iracheni tra quelli che resistono alla minaccia dello Stato Islamico, con le armi in pugno».

Mosca vuole infastire ulteriormente Erdogan dialogando con chi viene considerato il portavoce del Pkk, il rappresentante politico dei kurdi turchi e quindi nemico da affossare come, con la violenza e la repressione, viene affossato il movimento popolare kurdo a sud-est della Turchia.



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