Battaglia in Iraq, Ramadi strappata all’Isis

Battaglia in Iraq, Ramadi strappata all’Isis

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Bagdad Riprendere Ramadi. Nella capitale della provincia di Al Anbar è scattato un drammatico conto alla rovescia. Le forze irachene hanno intensificato i combattimenti, e ieri hanno dichiarato la speranza di strappare entro venerdì la bandiera nera dell’Isis dalla città: «Siamo entrati nel centro di Ramadi da numerosi fronti. La città sarà totalmente bonificata entro 72 ore», ha dichiarato il portavoce dell’antiterrorismo Sabah al-Nomane. Mentre Eid Ammash, portavoce del Consiglio provinciale, riferiva che i miliziani «trattengono decine di civili, catturati mentre cercavano di lasciare la città, e intendono usarli come scudi umani».
È in questo clima che ieri a Bagdad è arrivato, a bordo di un C130, il presidente del Senato, Pietro Grasso, per un giro di incontri e una visita al nostro contingente. Una missione, proseguita nel Kurdistan iracheno, che oggi si concluderà con la visita al campo di accoglienza degli sfollati a Erbil. «Auspico che i territori sottratti vengano presto riconquistati, minimizzando i rischi per i civili. E soprattutto che in un prossimo futuro gli sfollati possano tornare alle loro città sotto la protezione delle forze irachene addestrate dai carabinieri e dalle forze armate», ha dichiarato l’ex superprocuratore, dopo gli incontri con il presidente della Repubblica Fouad Masum e lo speaker del Parlamento Salim Al Jabour che hanno manifestato un forte apprezzamento per il nostro contributo alla stabilità e alla sicurezza.
Il presidente iracheno Masum, a differenza di quanto aveva lasciato presagire il portavoce del governo, si è detto favorevole anche al possibile invio di militari italiani a difesa della diga di Mosul, annunciato da Roma. E ha chiesto l’aiuto dell’Italia a tutela della sicurezza dei beni archeologici. L’addestramento dei carabinieri («vera eccellenza del nostro Paese», li ha definiti orgoglioso Grasso) a Camp Dublin, è puntato anche su questo, oltre alla difesa dei diritti delle donne e dei soggetti deboli, a e alla tutela delle minoranze religiose, a cominciare dai cristiani.
Eccolo il punto cruciale. All’ingresso del Parlamento di Bagdad ieri c’era un albero di Natale. Lo speaker lo ha mostrato orgoglioso a Grasso: «È un piccolo segnale dopo tante sofferenze subite dai cristiani». E il presidente del Senato ha apprezzato gli «impegni concreti» suoi e degli altri interlocutori iracheni, sulla comunità dei cristiani.
Ma per il patriarca Louis Sako, occorre fare presto «altrimenti andranno via tutti». «Prima — ha spiegato allarmato Sako — la proposta di legge che obbliga i figli di chi si converte all’Islam a diventare musulmani, poi il lancio di volantini che dicono: “La Madonna portava il velo, mettetelo anche voi”. Io incoraggio le ragazze a non farlo. Vent’anni fa a Bagdad non c’era un hijab, oggi tutta la strada è nera. Il Papa ha fatto molto per la misericordia ma ci vuole anche un’azione presso le autorità musulmane perché lancino una fatwa: sono proibiti tutti gli attacchi contro la gente innocente. O finirà come a Mosul: di cristiani non ce n’è più uno».
Virginia Piccolillo


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