La prima mossa concreta congiunta di Washington e Mosca dovrebbe portare all’approvazione della mozione già il prossimo 17 dicembre. Al Cremlino la notizia viene accolta come un’altra vittoria politica ma tante divergenze restano ancora e animano trattative segrete dai toni non sempre amichevoli. Le recenti accuse di Mosca alla Turchia, e in particolare al clan familiare del presidente Erdogan, hanno creato più di un imbarazzo. Il Pentagono ha ammesso che ci sono traffici illeciti di petrolio ma di non «avere prove concrete per accusare» Erdogan e i suoi. Il ministero della Difesa russa, che promette nuove accuse a breve, fa ironia pesante: «Se non si fidano delle nostre immagini, i colleghi americani potrebbero dare un’occhiata alle telecamere dei loro droni che quanto a numero sono il triplo dei nostri».
Di certo, che ci siano state o meno coperture di affari illeciti, è ormai palese che i controlli non sono stati all’altezza della situazione. Non solo sul petrolio finito in Turchia e verso altre misteriose destinazioni, ma anche riguardo al traffico di reperti archeologici che muove più denaro di quanto si possa pensare. Di solo petrolio e gas l’Is ha guadagnato due miliardi di dollari all’anno per sei anni. Dall’inizio, dei bombardamenti mirati russi, secondo le valutazioni autocelebrative di Mosca, il flusso sarebbe ridotto a poco più della metà.
Resta comunque un “finanziamento” altissimo per tutte le attività terroristiche del Califfato. La Turchia resta comunque al centro del dibattito diplomatico. L’invio di 600 soldati e di mezzi corazzati in Iraq da parte di Ankara ieri mattina, sta creando altri problemi collaterali non meno delicati. Il governo iracheno, che con Russia e Iran forma una coalizione anti-Is, la considera un attentato alla sua integrità territoriale. I curdi di Iraq che combattono l’Is, l’accolgono invece come utili e insperati rinforzi. Non così i curdi di Siria, che combattono anche loro l’Is ma in funzione anti-turca. Un intreccio inestricabile di interessi e di ambizioni contrapposte che solo un accordo più esteso tra Usa e Russia sembra poter sciogliere.