Diversi dettagli e una serie di piccole indizi (legami di Syed con Shebab somali e un militante del gruppo qaedista Al Nusra) che alla fine hanno rimesso in sesto un “puzzle” che per due giorni risultava incomprensibile anche a navigati detective come gli agenti federali delle squadri speciali anti-terrorismo. La cosiddetta “pistola fumante”, la prova decisiva, l’hanno trovata nel computer abbandonato nella casa della coppia a Redland. I due fanatici islamici avevano distrutto l’hard disk, ma gli specialisti del Fbi sono riusciti comunque a risalire a un post su Facebook che Tashfeen aveva postato (sotto falso nome): un testo inneggiante allo Stato Islamico dove la giovane donna (27 anni) dichiarava la sua «completa fedeltà» al cosiddetto Califfo. Il messaggio è stato poi cancellato, ma l’Fbi ha deciso di non rivelare ulteriori dettagli su questo punto, né ha voluto spiegare ai media il modo in cui avevano ricostruito la vicenda del post su Facebook. Gli agenti hanno solo precisato che la coppia potrebbe essere stata “ispirata” dallo Stato Islamico, ma non “diretta” da militanti del Califfato. Solo una conferma che Syed e Tashfeen si erano “radicalizzati” negli ultimi mesi senza che (al momento) siano stati trovati legami diretti — i due non hanno lasciato alcuna rivendicazione e non c’è traccia anche nelle impronte “digitali” — con l’organizzazione terroristica di Al Baghdadi.
Nelle stesse ore in cui l’America aveva la certezza che l’ultima strage era opera di terroristi islamici è arrivata anche la prima rivendicazione ufficiale di Daesh. In un comunicato trasmesso da Aamaq, il network di propaganda dello Stato Islamico, si legge che «due sostenitori dell’Is» sono gli autori della strage. Nel rivendicare l’attacco l’organizzazione terrorista sostiene che «è arrivato dopo la dichiarazione degli americani che gli Usa non erano a rischio di attentati terroristici » e dopo «i sanguinosi attacchi a Parigi e Tunisi».
Nella casa di Redlands dove la coppia aveva vissuto negli ultimi mesi, ieri aperta a cameramen e fotografi, oltre all’arsenale (fucili, pistole e dodici “tubi- bomba”) gli agenti hanno recuperato una serie di copie di istruzioni per fabbricare una bomba. Sarebbero state prese (e anche questa è una prova a favore dell’atto di terrorismo premeditato) dalla rivista online di Al Qaeda, Inspire. Dopo i dettagli emersi su Farook e il suo passato (più di un viaggio in Arabia Saudita, l’ultimo durato oltre un mese) gli agenti del Bureau stanno ora setacciando la vita della moglie. Malik, nata in Pakistan, era arrivata negli Stati Uniti solo l’anno scorso grazie a un “visto da fidanzata”, un documento non facile da ottenere anche per chi è da tempo il partner di cittadini americani. Solo quest’anno, poco prima che nascesse la bimba di sei mesi (affidata alla nonna paterna poco prima di andare a compiere la strage) si erano sposati.