Un appello agli alleati per un maggiore impegno nella coalizione e una critica aperta a Putin per le operazioni militari russe in Siria, mirate a colpire più gli avversari del dittatore Assad che le roccaforti dello Stato Islamico. Sarebbe «molto utile», sostiene Obama, se con il Cremlino siarrivasse in tempi brevi (il Segretario di Stato John Kerry aveva parlato di inizio “trattative” a gennaio) a un accordo sull’uscita di scena di Assad e sulla transizione verso un nuovo governo in cui coinvolgere l’opposizione moderata. «Il terrorismo non è la nuova normalità, il mondo non accetterà ancora attacchi del terrore ai ristora ti e ai cinema. Lo strumento più potente che abbiamo per combattere lo Stato Islamico è affermare che non abbiamo paura. Distruggere Daesh non soltanto è un obiettivo realistico, ma sarà fatto». Per il presidente Usa visto che «non riescono a batterci sul campo» i terroristi cercano di seminare la paura: «Non ci riusciranno, non inizieremo ad avere paura, non inizieremo a discriminare per la religione, dobbiamo rifiutare la loro ideologia, non siamo in guerra contro una religione. L’America non lo è ed è contraria a qualsiasi discriminazione».
Obama ha già ottenuto un primo risultato. Il premier britannico Cameron è pronto a raggiungere l’alleato Usa sul campo di battaglia, mandando i suoi caccia per i raid aerei contro lo Stato Islamico in Siria. Dovrà avere il via libera dal Parlamento, ma dopo Parigi il sì sembra più scontato.