Altri 1.100 miliardi in bond e azioni per le 30 maggiori banche mondiali

Altri 1.100 miliardi in bond e azioni per le 30 maggiori banche mondiali

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Uno degli ultimi mattoni delle riforme finanziarie post-Lehman è stato posato ieri dal Comitato di stabilità finanziaria (Fsb). Settimana prossima in Turchia il G20 ratificherà politicamente – senza sorprese, prevedono i banchieri il testo messo a punto, dopo anni di articolate trattative, dagli sherpa di Basilea. Di anni ne sono passati sette dal crac di Lehman, che in un tragico fine settimana gettò il mondo nel caos aprendo la via a una serie di crisi e recessioni come non se ne vedevano dal 1929.
Da quell’errore i regolatori – con Mario Draghi tra i più convinti – hanno imparato che i dissesti bancari vanno gestiti ordinatamente, senza scaricarne i costi sui privati cittadini. Di ciò si occupa la direttiva europea Brrd sul “fallimento ordinato”, che il governo italiano ha recepito giorni fa e va in vigore dal primo gennaio per far pagare ad azionisti, obbligazionisti e depositanti sopra i 100mila euro la prima tranche di costo dei salvataggi bancari. Sempre di questo, ma su scala globale, si occupa la normativa sulle banche a rischio sistemico, quelle com’era Lehman – che fallendo si portano dietro Paesi ed economie a catena.
Queste banche, che nell’elenco aggiornato sono 30 (c’è solo Unicredit tra le domestiche) dovranno dal 2019 dotarsi di un capitale eccedente per far fronte a eventuali perdite in modo non troppo traumatico.
Quel cuscinetto, chiamato Tlac, potrà essere di azioni e altri titoli di debito, e dovrà essere non inferiore al 16% delle attività ponderate per il rischio dal 2019, e al 18% da inizio 2022. In soldoni significa, per i grandi colossi globali, che dovranno emettere strumenti finanziari compatibili per ammontari compresi tra 457 e 1.100 miliardi di euro (secondo i criteri e le tipologie adottate: la forchetta è ampia, anche perché il campione annovera le prime tre banche cinesi, cui difatti è stato accordato più tempo, fino al 2028).
Le nuove regole giungono dopo almeno un anno di trattative serrate tra operatori, regolatori e politici, con Stati Uniti, Canada e Germania a guidare il plotone dei Paesi che chiedevano severità, e gli altri a invocare trattamenti meno occhiuti, o anche solo meno iniqui. In effetti la bozza licenziata ieri da Mark Carney, presidente del Fsb (e della Banca d’Inghilterra) presenta alcune mitigazioni rispetto a quelle passate. Il Tlac, nelle versioni precedenti, era destinato a salire fino al 20%, o anche al 25% degli attivi ponderati (Rwa); oltretutto, c’era l’ipotesi di considerare tutte le passività, non solo quelle ponderate secondo i modelli interni, che le minimizzano. Anche nel computo degli strumenti conteggiati per assorbire le perdite ci sono stati chiarimenti, per esempio escludendo tutte le passività a vista come i depositi (pure quelli delle imprese, che per esempio nella direttiva europea in vigore tra un mese sono conteggiati negli strumenti bail in). Infine, nella versione finale è stato attenuato il vantaggio competitivo per i gruppi che hanno una struttura sovrastata da una holding. Per queste tipicamente le banche statunitensi – tutto il debito emesso sarà automaticamente conteggiato ai fini del Tlac. Di contro, gli istituti europei come Deutsche Bank, Unicredit, Bnp Paribas, SocGen, che un anno fa invocavano più equità, si vedranno riconoscere loro obbligazioni di società operative e “senior” – meno costose per il 3,5% del futuro capitale Tlac.
Complessivamente, comunque, la raccolta dei colossi bancari rincarerà: si stima di circa 30 punti base (0,3%), pari a una media di 500 milioni l’anno per ognuna delle 30 istituzioni. Di fatto, è uno spostamento dei rischi dalla collettività, che finora ha pagato per migliaia di miliardi i costi delle crisi sistemiche, a soci e creditori delle banche. Queste, però, potrebbero essere tentate di traslare quei costi di nuovo sui clienti, alzando il prezzo dei servizi; ma non potranno farlo nei contesti dove la competizione è alta. In parallelo c’è un tema “di mercato”: ci sarà, specie in Europa, una platea vogliosa di comprare qualche centinaio di miliardi di euro di altra carta bancaria? Domanda aperta.


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