Russia accusata di doping di Stato «Va sospesa dalle Olimpiadi di Rio»
Print this article Font size -16+
L’atletica leggera russa va fermata, subito. Perché non alteri ancora l’attendibilità di competizioni sportive trasformate in farsa grazie al doping. Una sospensione (fino a due anni) che impedirebbe ai russi di partecipare anche ai Giochi Olimpici di Rio.
Un provvedimento senza precedenti, con enormi implicazioni politiche, chiesto ieri a Ginevra da Dick Pound, presidente della Commissione Indipendente dell’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada). Presentando le 323 pagine del dossier, Pound non è stato diplomatico: «Giorno nero per lo sport. Fiducia popolare umiliata. Nell’atletica russa il doping è totale e di Stato. Le medaglie vinte da quel paese a Londra 2012 — 17 tra ori, argenti e bronzi — hanno sabotato i Giochi». La proposta di Pound è recepita da Seb Coe, nuovo presidente della Iaaf, quella federazione internazionale di atletica che pure è pesantemente coinvolta nello scandalo: «Considereremo ogni sanzione, sospensione compresa». Dura la reazione del ministro dello sport russo, Vitaly Mutko, che ha parlato di accuse politiche e prove inesistenti. Lo stesso Mutko — presidente dei Mondiali di calcio 2018 — aveva però offerto scarsa collaborazione agli ispettori Wada.
Il quadro delineato dal rapporto (sei mesi d’interviste, intercettazioni, analisi di dati bancari, sopralluoghi) è devastante. Autorità statali e sportive, federazioni, allenatori e atleti associati in un programma dopante che prevedeva ogni possibile contromisura per evitare o depistare i controlli. Agli atleti scoperti veniva chiesto denaro che in parte finiva nelle tasche degli stessi tecnici e in parte confluiva a una «cupola» in seno alla federazione internazionale. Questa corposa sezione del dossier ieri non è stata resa nota, su richiesta delle autorità francesi e dell’Interpol, che hanno in corso un’inchiesta. Sul fronte federale sono nei guai l’ex onnipotente presidente della Iaaf, Lamine Diack, due suoi figli (avrebbero raccolto i soldi pagati dagli atleti) e l’ex capo dell’antidoping, il francese Gabriel Dolle, presunto regista «scientifico» della copertura.
Le condizioni chieste dalla Wada per il riaccredito dell’atletica russa sono cinque. Azzerare i vertici federali, ripulire l’agenzia antidoping Rusada, il laboratorio federale di Mosca e l’Istituto Statale dello Sport, accettare in ogni organismo l’inserimento di osservatori internazionali esterni per garantire il ripristino della legalità e della credibilità.
Un provvedimento senza precedenti, con enormi implicazioni politiche, chiesto ieri a Ginevra da Dick Pound, presidente della Commissione Indipendente dell’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada). Presentando le 323 pagine del dossier, Pound non è stato diplomatico: «Giorno nero per lo sport. Fiducia popolare umiliata. Nell’atletica russa il doping è totale e di Stato. Le medaglie vinte da quel paese a Londra 2012 — 17 tra ori, argenti e bronzi — hanno sabotato i Giochi». La proposta di Pound è recepita da Seb Coe, nuovo presidente della Iaaf, quella federazione internazionale di atletica che pure è pesantemente coinvolta nello scandalo: «Considereremo ogni sanzione, sospensione compresa». Dura la reazione del ministro dello sport russo, Vitaly Mutko, che ha parlato di accuse politiche e prove inesistenti. Lo stesso Mutko — presidente dei Mondiali di calcio 2018 — aveva però offerto scarsa collaborazione agli ispettori Wada.
Il quadro delineato dal rapporto (sei mesi d’interviste, intercettazioni, analisi di dati bancari, sopralluoghi) è devastante. Autorità statali e sportive, federazioni, allenatori e atleti associati in un programma dopante che prevedeva ogni possibile contromisura per evitare o depistare i controlli. Agli atleti scoperti veniva chiesto denaro che in parte finiva nelle tasche degli stessi tecnici e in parte confluiva a una «cupola» in seno alla federazione internazionale. Questa corposa sezione del dossier ieri non è stata resa nota, su richiesta delle autorità francesi e dell’Interpol, che hanno in corso un’inchiesta. Sul fronte federale sono nei guai l’ex onnipotente presidente della Iaaf, Lamine Diack, due suoi figli (avrebbero raccolto i soldi pagati dagli atleti) e l’ex capo dell’antidoping, il francese Gabriel Dolle, presunto regista «scientifico» della copertura.
Le condizioni chieste dalla Wada per il riaccredito dell’atletica russa sono cinque. Azzerare i vertici federali, ripulire l’agenzia antidoping Rusada, il laboratorio federale di Mosca e l’Istituto Statale dello Sport, accettare in ogni organismo l’inserimento di osservatori internazionali esterni per garantire il ripristino della legalità e della credibilità.
Marco Bonarrigo
Tags assigned to this article:
Agenzia Mondiale AntidopingatleticaDick PounddopingOlimpiadirussiaVitaly MutkoWadaRelated Articles
Vertice Ue, ancora due settimane per un’intesa sul piano economico antivirus
Al consiglio Europeo Conte e Sánchez rifiutano la bozza, alla fine il vertice prende tempo per cercare una soluzione. Palazzo Chigi evoca una via autarchica: «Pronti a fare da soli».
Il Venezuela rivendica l’Esequibo, Biden mobilita i caccia, Lula le truppe,
Dopo la mossa venezuelana, il continente si scalda. Maduro va dritto per la sua strada e annuncia carte di identità per gli abitanti guyanesi. Il presidente della Guyana può contare sul sostegno dell’esercito statunitense
Nave militare tra le isole contese la sfida dell’America alla Cina
La Us Navy nell’arcipelago delle Spratly,Pechino minaccia: “Si rischia un conflitto”. La replica: sono acque internazionali,torneremo
No comments
Write a comment
No Comments Yet!
You can be first to comment this post!