La Catalogna plana sulle elezioni spagnole
BARCELLONA. Un merito non lo si può negare a Artur Mas, presidente ad interim catalano in attesa dell’elezione del suo successore: è riuscito a manovrare le circostanze politiche perché la questione catalana fosse all’ordine del giorno anche a Madrid. E, en passant, fare in modo che la fastidiosa faccenda della radicata corruzione del suo partito, Convergència democràtica de Catalunya (CdC), sia relegata a un secondo piano sui giornali, nonostante l’arresto del suo tesoriere e le quotidiane scoperte di sempre più miliardi di euro nascosti nei paradisi fiscali di mezzo mondo della famiglia Pujol, ex presidente catalano e padrino politico di Mas.
Riassunto delle puntate precedenti. Dopo le elezioni del 27 settembre, la maggioranza dei seggi del Parlament di Barcellona vanno alle due forze pro-indipendenza: Junts pel Sí (che unisce CdC, Esquerra Republicana de Catalunya (ERC)), e la CUP, la forza movimentista e di sinistra radicale. Insieme hanno quasi 2 milioni di voti, un bel gruzzolo che sfiora (senza raggiungerla) la maggioranza dei votanti. Senza la CUP, Mas non ha la forza parlamentare per farsi rieleggere President, come desidera ardentemente. E la CUP non ha alcuna intenzione di votarlo. Nel frattempo, approfittando della situazione politica che li rende indispensabili, trattano con Junts pel Sí su tutto, meno che sul nome del President. Sostanzialmente per imporre da un lato un gesto di rottura politica preliminare con Madrid molto più dirompente di quello che la destra di Mas si sentirebbe di fare, e dall’altro per mettere in agenda politica una serie di temi sociali scottanti, come il diritto alla casa, la povertà energetica e le privatizzazioni (volute da Mas). Il tutto senza sbilanciarsi ancora su Mas, che però non ha alternative per rimanere in sella.
Il Parlament intanto ha già eletto la sua presidente, Carme Forcadell, la numero due della lista di Junts pel Sí, ex presidente della Associazione nazionale catalana, una ong fortemente pro indipendenza, ed ex di ERC. La quale, pur di far votare il 9 novembre, ultimo giorno disponibile secondo la legge per riunire il parlamento per la prima votazione per l’elezione del presidente, anche una dichiarazione in nove punti voluta dalla CUP, sta stirando e anche calpestando lo stesso regolamento del Parlament. Una dichiarazione peraltro solo di principio verso l’indipendenza, ma in cui si esplicita fra l’altro la volontà di ignorare ogni azione legale del governo di Madrid e del Tribunale Costituzionale per impedire lo “scollegamento”, come lo definiscono, dal governo spagnolo.
La data del 9 novembre è tutta simbolica: è l’anniversario del referendum “informale” tenuto l’anno scorso sull’indipendenza che Mas ha convocato contro ogni tentativo di Madrid di annullarlo e per cui è attualmente sotto processo (denunciato dal governo spagnolo).
Gli altri partiti intanto si stracciano le vesti. A Barcellona, Ciutadans, diventato capo dell’opposizione su posizioni centraliste e di destra più cool, si è unito a Pp e socialisti nell’attacco alle riunioni convocate da Forcadell definendole illegali, dato che il Pp non si è ancora costituito come gruppo parlamentare nel tentativo di bloccare l’approvazione della mozione indipendentista prima della sessione di votazione per il President. E tutti e tre minacciano di chiedere al Tribunale Costituzione di impugnare la votazione. Catalunya sí que es pot, la coalizione di Podemos, verdi e Izquierda unida, si smarca dal “frontismo” degli altri ma critica Forcadell per non essere super partes.
Nel frattempo a Madrid Rajoy, per la prima volta in 4 anni, ha convocato i leader di tutti gli altri partiti, compresi Ciudadanos e Podemos (che ancora non hanno rappresentanza parlamentare) chiedendo di fare fronte comune contro l’indipendentismo e la pretesa all’autodeterminazione catalana. Podemos e IU si sono smarcati, ma fra tutti chi guadagna punti è Ciudadanos a cui Rajoy e Mas hanno regalato un’insperata centralità con la sua proposta di patto di stato fatta proprio dalla sede del governo.
Mentre a Barcellona non è chiaro se la Cup inghiottirà Mas a cambio di rompere con il governo spagnolo, a Madrid il caso Catalogna è perfetto per la campagna per le elezioni del 20 dicembre. Non a caso proprio ieri EH Bildu nei Paesi Baschi ha presentato una proposta di legge per istituire consulte del tipo approvato dal Parlament catalano (e impugnate da Madrid). L’affare si ingrossa.
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