L’invasione non c’è stata, sbarchi in calo
L’invasione tanto temuta non c’è stata. Fino al 10 ottobre scorso sono sbarcati in Italia 136.432 migranti, il 7,4% in meno rispetto ai primi dieci mesi del 2014. E le previsioni fanno ritenere che per la fine dell’anno gli arrivi potranno al massimo eguagliare la cifra raggiunta sempre l’anno scorso, quando ne vennero registrati in tutto 170 mila. Certo non si tratta di cifre piccole, ma l’esperienza dimostra che per quanto complicato possa essere, abbiamo di fronte un fenomeno che è ancora possibile gestire senza particolari traumi e soprattutto smorzando le paure ingigantite al solo scopo di racimolare qualche voto in più.
Le cifre relative agli arrivi di migranti nel nostro paese sono contenute nel «Rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia» presentato ieri al ministero degli Interni. Si tratta di uno studio attento delle politiche messe in campo in tema di accoglienza in previsione delle possibili situazioni di difficoltà che le tante crisi in corso sull’altra sponda del Mediterraneo, dalla guerra civile in Libia al conflitto siriano, avrebbero potuto provocare con un incremento massiccio del numero di arrivi. Così non è stato, o non del tutto, anche perché dallo scorso mese di aprile in poi le centinaia di migliaia di siriani in fuga verso l’Europa hanno scelto una rotta diversa preferendo attraversare i Balcani anziché rischiare la vita nel canale di Sicilia che si conferma in ogni caso come uno dei percorsi più pericolosi del mondo. La via del mare resta comunque quella principale per chi proviene dai paesi dell’Africa subsahariana. Il risultato è che è sono cambiate le nazionalità di origine: se nel 2014 il paese di provenienza maggiormente rappresentato è stato la Siria con 43.323 presenze, seguito da Eritrea (34.329) e dal Mali (9.908), quest’anno a guidare la geografia delle partenze risulta l’Eritrea, con 36.838 migranti, seguita dalla Nigeria (18.452) e dalla Somalia (10.605).
Per quanto concerne l’accoglienza, il rapporto ricorda come il sistema si regga su «diverse tipologie di strutture: centri di accoglienza governativi, strutture temporanee e rete Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, ndr), che in ragione delle diverse funzioni hanno modelli organizzativi, voci di costo e tempi di permanenza differenziati». In tutto vi trovano posto 99.096 migranti, la maggior parte dei quali, 70.918, pari al 72%, è ospitato nelle 3.090 strutture temporanee (Cas) esistenti, 21.814 nella rete Sprar, 7.290 nei cara. 464 migranti sono invece ancora detenuti nei Cie, i centri di identificazione ed espulsione. per quanto riguarda la distribuzione territoriale, dopo le polemiche di questa estate la Lombardia ha infine accettato di ospitare migranti nel proprio territorio, tanto da risultare oggi con la Sicilia la regione che ospita la percentuale maggiore di migranti (13%), seguite dal Lazio (95), Campania (8%) Piemonte, veneto e Toscana (7%) Puglia ed Emilia Romagna (6%). Per quanto riguarda i costi, il Viminale stima che nel 2015 verranno spesi 1.162 milioni di euro suddivisi in 918,5 milioni per le spese relative alle strutture governative (Cara, Cda, Cpsa) e temporanee e 242,5 milioni per i centri Sprar. E’ bene ricordare come ogni migrante adulto costa 35 euro al giorno (ma solo 2,5 vanno direttamente a lui) e un minore 45, molto meno rispetto ai costi sostenuti nel corso dell’emergenza nord Africa del 2011, quando un adulto costava 46 euro al giorno e un minore 75. Calcolando anche gli stipendi degli operatori, l’affitto delle strutture, il costo totale per l’immigrazione è pari all’1,58% della spesa pubblica nazionale, mentre se si calcolano il gettito fiscale e i contributi previdenziali versati dai migranti che lavorano in Italia, il rapporto costi benefici fa segnare un attivo per lo Stato di 4 miliardi di euro.
«Un rapporto che presenta luci ed ombre», è stato il commento di Libera, LasciateCIEntrare e Cittadinanzattiva ai dati del Viminale. che ricordano come dallo studio manchi ogni « riferimento alle illegalità, alle opacità, ai grandi affari che mafie e corruzioni, come dimostrano le recenti inchieste, hanno operato sulla pelle dei migranti»
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