Air France, lavoratori “arrestati come criminali”
Una manifestazione a Roissy per protestare contro il fermo di sei dipendenti, accusati di essere responsabili dell’aggressione contro il direttore delle risorse umane, il 5 ottobre, a cui è stata strappata la camicia. Per 4, i poliziotti si sono presentati al domicilio alle 6 del mattino. Clima di nuovo teso, mentre è in programma la ripresa delle trattative tra la compagnia e i sindacati, per evitare nuovi 2900 licenziamenti. Lo stato non interviene (pur essendo il primo azionista)
Una manifestazione, ieri a Roissy nella zona cargo di Air France, per protestare contro il fermo di 6 dipendenti, identificati grazie alla video-sorveglianza come responsabili delle violenze del 5 ottobre scorso, quando il direttore delle risorse umane, Xavier Broseta, era stato fatto scappare con la camicia strappata, un’immagine che ha fatto il giro del mondo. Per 4 lavoratori, tutti addetti al cargo, il fermo è avvenuto ieri alle sei del mattino, quando dei poliziotti sono andati ad arrestarli a casa. “Arrestati alle 6? Perché? Per umiliarli di fronte alle loro famiglie o perché programmavano una fuga?” si è chiesta la leader dei Verdi, Cécile Duflot. Anche Jean-Luc Mélenchon del Front de Gauche ha parlato di “volontà di umiliare”, di “sproporzione”, perché “bastava convocarli, non c’è motivo per andare a cercare la gente a casa”. I lavoratori fermati sono tutti della Cgt, ma iscritti ad altri sindacati potrebbero venire incriminati, visto che la direzione di Air France ha ormai una lista di una decina di persone che considera implicate nelle aggressioni del 5 ottobre. Con la manifestazione di ieri i sindacati hanno voluto sottolineare l’uso strumentale che viene fatto delle immagini del 5 ottobre, mentre viene occultata la “vera violenza sociale”, i 2900 tagli al personale annunciati con brutalità dalla direzione. Ai fermi dovrebbero seguire le lettere di licenziamento. La Cgt ha fatto sapere di non avere nessuna intenzione di lasciar passare questa decisione. I sindacati continuano a chiedere al governo di nominare un mediatore, per riannodare il dialogo. Ma il primo ministro, Manuel Valls, non risponde, dopo aver condannato come “teppisti” i responsabili delle violenze del 5 ottobre, senza aver detto una parola sulla violenza sociale dei 2900 licenziamenti annunciati (lo stato, anche dopo la privatizzazione del 2004, resta il primo azionista di Air France, con il 17,6%).
I fermi con l’irruzione dei poliziotti nel domicilio degli accusati, “non porteranno la calma”, spiega un sindacalista della Cgt, Didier Fauverte, “è un tentativo di intimidazione, la volontà di far paura per cercare di tappare la bocca un po’ a tutti”. La brutalità dei fermi rischia di mettere in discussione la ripresa delle trattative. Difatti, dopo lo scontro del 5 ottobre, la direzione di Air France e i sindacati avevano ricominciato a parlarsi. Il presidente del gruppo Air France-Klm, Alexandre de Junciac, e l’ad della compagnia francese, Frédéric Gagey, hanno incontrato venerdi’ scorso il sindacato dei piloti. Incontri separati con le altre categorie di personale sono programmate questa settimana. “Siamo d’accordo per continuare la trattativa, ma se è su queste basi durerà poco”, avverte Didier Fauverte. La direzione di Air France, che da sempre sfrutta le divisioni sindacali, anche in questa occasione ha scelto un dialogo separato categoria dopo categoria. Dai piloti ha ottenuto qualche concessione sulla produttività (la direzione chiedeva 100 ore in più di lavoro l’anno senza aumento di stipendio), ma in cambio deve dare garanzie sull’occupazione e sul progetto per l’avvenire. Air France è in difficoltà, mentre Klm, che fa parte dello stesso gruppo, è in attivo. La compagnia francese subisce la concorrenza dei low cost, segmento dove non è presente (l’anno scorso il progetto Transavia era stato ritirato in seguito a un lungo sciopero dei piloti), ma anche nel lusso, con le compagnie del Golfo, a cui sono state concesse rotte sulla Francia in cambio di acquisti di armamenti. Air France ha già subito drastici tagli al personale negli ultimi anni (15mila) e ai 2900 licenziamenti annunciati il 5 ottobre, potrebbero aggiungersene altri 5mila dopo le presidenziali del 2017, secondo un’informazione del Canard Enchainé.
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