La Capitale senza rotta
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Da settimane ormai gli impiegati del Comune di Roma rovistano nelle carte. Una montagna, di carte. Scavano per ricostruire la storia dei quarantamila alloggi di proprietà comunale: contratti, contenziosi, liti condominiali… Perché, anche se può sembrare incredibile, nel 2015 per governare un patrimonio simile non esiste una memoria informatica. La società Romeo, che per 18 anni l’ha avuto in mano e ora è uscita di scena dopo che Prelios ha vinto la gara indetta dalla giunta di Ignazio Marino, non ha consegnato un dischetto, una chiavetta usb, un archivio virtuale. Bensì due tir che hanno scaricato nel piazzale della vecchia Fiera di Roma 128 bancali con 3.000 contenitori dentro cui c’erano decine di migliaia di fascicoli: auguri e figli maschi.
Questa la spiegazione che dà l’assessore al patrimonio Alessandra Cattoi: «Nel contratto siglato nel 2005 dal Campidoglio ( sindaco Walter Veltroni, ndr ) non era previsto che alla scadenza dell’incarico la Romeo dovesse consegnare un archivio digitale». Semplicemente sconcertante, visto che in 18 anni la gestione del patrimonio è costata 97,4 milioni .
Gran parte dell’attività è stata ora riportata negli uffici comunali: prima si spendeva più di un milione al mese, adesso meno di un milione l’anno. C’è solo quel problemino della valanga di carta che ha sommerso il Comune… Ma questo non si può addebitare al sindaco dimissionario. Il quale lascia comunque un’agenda decisamente piena di incognite che spetterebbe alla politica risolvere, e non a un commissario prefettizio il quale si dovrebbe occupare solo dell’ordinaria amministrazione. Il fatto è che a Roma non c’è nulla che sia più ordinario.
La vendita dei 600 immobili di pregio, per esempio: le procedure sono partite in agosto. Che ne sarà? Soprattutto, l’adeguamento degli affitti, spesso ridicoli, di alloggi occupati da inquilini non proprio indigenti: due mesi fa il Comune ha chiesto loro per lettera notizie sui redditi, spesso vedendosi rispondere marameo.
L’immenso patrimonio comunale, del resto, è una delle colonne portanti del clientelismo in salsa romana. Un’attività la cui gestione quotidiana è sempre stata affidata a un’amministrazione che l’assessore Stefano Esposito non esita a definire «compromessa». Uffici dove delibere impostate per colpire interessi affaristici si trasformavano in atti tesi a favorire proprio quegli interessi, e nessuno si era mai accorto che il proprietario di mille appartamenti affittati al medesimo Comune non pagava l’Ici.La «compromissione» viene da lontano. E non c’è dubbio che sia un elemento dell’humus in cui prosperavano gli affari di Salvatore Buzzi & co. Così radicato, e così difficile da contrastare senza norme straordinarie. Che però non esistono.
Per la prima volta nella storia della città la giunta Marino ha avviato la rotazione sacrosanta di dirigenti e vigili urbani . Ma le «sanzioni esemplari» promesse dal sindaco a carico dei pizzardoni ritenuti colpevoli dello sciopero bianco della notte di San Silvestro, peraltro mai comminate, rischiano di evaporare del tutto con le sue dimissioni. E alcuni dossier direttamente collegati alle vicende di Mafia Capitale restano inceppati: la chiusura graduale dei campi rom, l’accoglienza per i rifugiati e soprattutto le nuove gare per gli alloggi da destinare all’emergenza abitativa che costavano al Comune 41 milioni l’anno, con affitti anche da 2.700 euro al mese per ogni appartamento.
Per non parlare delle società municipalizzate. Il parco mezzi dell’Atac, a 57 giorni dal Giubileo, è allo stremo. Si spaccano 300 autobus al giorno e i pezzi di ricambio sono finiti. Urge un accordo con i fornitori, ma chi potrebbe farlo? La gara per 700 autobus nuovi è andata deserta, l’amministratore delegato e il direttore generale si sono dimessi, l’indebitamento è astronomico. In extremis il governo ha stanziato 30 milioni per la sicurezza della metropolitana. Una piccola toppa che però non risolve il problema.
C’è poi la questione della spazzatura e dei rifiuti, per cui a Roma si pagano le tasse più alte d’Italia per non avere la città più pulita del Paese. E per molti anni a seguire: pochi giorni prima dello showdown al Comune hanno deciso di affidare il servizio all’efficientissima Ama per altri 15 anni e con 11 miliardi a carico dei cittadini. Bontà loro, non senza una clausola: se la pulizia delle strade non risultasse soddisfacente si potrebbe affidare ai privati dal luglio 2016. In pieno Giubileo. Lo stabilirà il commissario? Il quale potrà anche prendere decisioni su quel «partner industriale» che secondo quella delibera dovrebbe essere presto individuato?
Che ne sarà infine delle aziende da vendere o liquidare? Come le Assicurazioni di Roma, che gestiscono la Rc auto di Atac, Ama e tutti i veicoli capitolini con premi 3,2 volte più cari, e sinistri liquidati 4,2 volte più generosamente, rispetto al Comune di Milano. Oppure le farmacie comunali, le uniche in perdita del pianeta Terra, per le quali il Campidoglio ha dovuto già sborsare 15 milioni a copertura dei vecchi buchi. E non è escluso che debba mettere di nuovo mano al portafoglio, tirando fuori un’altra decina di milioni.
Niente, però, in confronto al pasticcio dei lavori della Metro C. Con l’ultima sorpresa: il rischio che slitti addirittura al 2018 l’apertura della tratta fino a San Giovanni, prevista invece per l’anno prossimo.
Questa la spiegazione che dà l’assessore al patrimonio Alessandra Cattoi: «Nel contratto siglato nel 2005 dal Campidoglio ( sindaco Walter Veltroni, ndr ) non era previsto che alla scadenza dell’incarico la Romeo dovesse consegnare un archivio digitale». Semplicemente sconcertante, visto che in 18 anni la gestione del patrimonio è costata 97,4 milioni .
Gran parte dell’attività è stata ora riportata negli uffici comunali: prima si spendeva più di un milione al mese, adesso meno di un milione l’anno. C’è solo quel problemino della valanga di carta che ha sommerso il Comune… Ma questo non si può addebitare al sindaco dimissionario. Il quale lascia comunque un’agenda decisamente piena di incognite che spetterebbe alla politica risolvere, e non a un commissario prefettizio il quale si dovrebbe occupare solo dell’ordinaria amministrazione. Il fatto è che a Roma non c’è nulla che sia più ordinario.
La vendita dei 600 immobili di pregio, per esempio: le procedure sono partite in agosto. Che ne sarà? Soprattutto, l’adeguamento degli affitti, spesso ridicoli, di alloggi occupati da inquilini non proprio indigenti: due mesi fa il Comune ha chiesto loro per lettera notizie sui redditi, spesso vedendosi rispondere marameo.
L’immenso patrimonio comunale, del resto, è una delle colonne portanti del clientelismo in salsa romana. Un’attività la cui gestione quotidiana è sempre stata affidata a un’amministrazione che l’assessore Stefano Esposito non esita a definire «compromessa». Uffici dove delibere impostate per colpire interessi affaristici si trasformavano in atti tesi a favorire proprio quegli interessi, e nessuno si era mai accorto che il proprietario di mille appartamenti affittati al medesimo Comune non pagava l’Ici.La «compromissione» viene da lontano. E non c’è dubbio che sia un elemento dell’humus in cui prosperavano gli affari di Salvatore Buzzi & co. Così radicato, e così difficile da contrastare senza norme straordinarie. Che però non esistono.
Per la prima volta nella storia della città la giunta Marino ha avviato la rotazione sacrosanta di dirigenti e vigili urbani . Ma le «sanzioni esemplari» promesse dal sindaco a carico dei pizzardoni ritenuti colpevoli dello sciopero bianco della notte di San Silvestro, peraltro mai comminate, rischiano di evaporare del tutto con le sue dimissioni. E alcuni dossier direttamente collegati alle vicende di Mafia Capitale restano inceppati: la chiusura graduale dei campi rom, l’accoglienza per i rifugiati e soprattutto le nuove gare per gli alloggi da destinare all’emergenza abitativa che costavano al Comune 41 milioni l’anno, con affitti anche da 2.700 euro al mese per ogni appartamento.
Per non parlare delle società municipalizzate. Il parco mezzi dell’Atac, a 57 giorni dal Giubileo, è allo stremo. Si spaccano 300 autobus al giorno e i pezzi di ricambio sono finiti. Urge un accordo con i fornitori, ma chi potrebbe farlo? La gara per 700 autobus nuovi è andata deserta, l’amministratore delegato e il direttore generale si sono dimessi, l’indebitamento è astronomico. In extremis il governo ha stanziato 30 milioni per la sicurezza della metropolitana. Una piccola toppa che però non risolve il problema.
C’è poi la questione della spazzatura e dei rifiuti, per cui a Roma si pagano le tasse più alte d’Italia per non avere la città più pulita del Paese. E per molti anni a seguire: pochi giorni prima dello showdown al Comune hanno deciso di affidare il servizio all’efficientissima Ama per altri 15 anni e con 11 miliardi a carico dei cittadini. Bontà loro, non senza una clausola: se la pulizia delle strade non risultasse soddisfacente si potrebbe affidare ai privati dal luglio 2016. In pieno Giubileo. Lo stabilirà il commissario? Il quale potrà anche prendere decisioni su quel «partner industriale» che secondo quella delibera dovrebbe essere presto individuato?
Che ne sarà infine delle aziende da vendere o liquidare? Come le Assicurazioni di Roma, che gestiscono la Rc auto di Atac, Ama e tutti i veicoli capitolini con premi 3,2 volte più cari, e sinistri liquidati 4,2 volte più generosamente, rispetto al Comune di Milano. Oppure le farmacie comunali, le uniche in perdita del pianeta Terra, per le quali il Campidoglio ha dovuto già sborsare 15 milioni a copertura dei vecchi buchi. E non è escluso che debba mettere di nuovo mano al portafoglio, tirando fuori un’altra decina di milioni.
Niente, però, in confronto al pasticcio dei lavori della Metro C. Con l’ultima sorpresa: il rischio che slitti addirittura al 2018 l’apertura della tratta fino a San Giovanni, prevista invece per l’anno prossimo.
Sergio Rizzo
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