Anche l’Iraq, che intanto manda frecciate polemiche sui «finora fallimentari» tentativi americani di fermare l’avanzata dell’Is, sta fa- cendo la sua parte con una forte partecipazione della sua intelligence e dei suoi vertici militari alle azioni dell’aviazione di Mosca. Ma potrebbe, forse, fare di più. Al ministero degli Esteri russo ieri si affermava infatti che «un’eventuale richiesta di intervento contro il terrorismo da parte di Bagdad sarebbe esaminata con grande attenzione». È la stessa formula con cui mercoledì, rispondendo a una richiesta siriana, Putin ha dato via libera «in piena legittimità» ai suoi cacciabombardieri Sukhoj 24 e 25. Sarebbe un’escalation militare, per ora inattesa, con un accrescimento del ruolo russo nell’area che non piacerebbe certo a Washington. Il ministro degli Esteri Lavrov ha smentito «azioni in programma sul territorio iracheno», precisando: «Non siamo stati invitati». Intanto la possibilità teorica resta e fa parte del gioco di polemiche, scambi di accuse e velate minacce in corso con gli Stati Uniti alla ricerca di un compromesso che per il momento sembra lontano.
Dagli Usa si continua ad affermare che gli attacchi russi non stanno mirando ai terroristi dell’Is ma a guerriglieri delle formazioni anti Assad che dovrebbero invece far parte del futuro processo di pace. Per il senatore McCain i russi avrebbero addirittura colpito centri di guerriglia addestrata e formata dalla Cia. Mosca smentisce e rilancia accusando gli Usa di agire in Siria su «basi legali imperfette ». Il nodo resta la permanenza di Assad al potere. Nella bozza di risoluzione all’Onu per un’operazione mondiale di polizia contro l’Is, Mosca continua a inserire Assad tra i punti di forza. Jorgji Mirskij, storico orientalista moscovita di fama internazionale ne è sicuro: «I raid, a prescindere da chi sia stato colpito, sembrano orientati a rafforzare le difese di Damasco e del suo Presidente».