Una buona notizia dalla Cina per la Cop21
Conferenza Onu sul clima. Xi Jinping e Obama si impegnano per la riduzione del gas a effetto serra. Ma per ora solo 74 paesi (su 195) hanno presentato programmi nazionali. Insufficiente per tenere il riscaldamento sotto i 2 gradi. Hollande in prima linea, per non far fallire l’appuntamento di Parigi (30 novembre-11 dicembre). Una miriade di appuntamenti “off”
La buona notizia arriva da Washington: gli Usa e la Cina, i due più grossi responsabili dell’inquinamento mondiale, si stanno mettendo d’accordo per arrivare alla conferenza Onu sul clima di Parigi, la Cop21 (30 novembre-11 dicembre), con un impegno in cifre per ridurre le rispettive emissioni a effetto serra.
Il presidente cinese, Xi Jinping, ha assicurato a Barack Obama che dal 2017 verrà istituito in Cina un «mercato del carbonio»: questo significa che verrà stabilito un tetto massimo di emissioni di gas a effetto serra (che potranno essere oggetto di scambio tra imprese).
E’ un passo importante verso un possibile accordo a Parigi, alla ventunesima Conference of the Parties (Cop21), che ha l’obiettivo di concludere un accordo mondiale – saranno presenti 195 paesi – per limitare il riscaldamento climatico di 2 gradi a partire dal 2020.
François Hollande, che sogna di poter passare alla storia come il presidente sotto il quale il mondo ha concluso un accordo storico per il futuro, ha anche preparato il testo di una «Dichiarazione universale dei diritti dell’umanità», una nuova tappa dei diritti umani, che dovrebbe stabilire che «tutti gli abitanti della terra hanno il diritto di vivere in un mondo dove il futuro non sia compromesso dall’irresponsabilità presente», ha riassunto l’ospite dell’Eliseo. Ne parlerà questo fine settimana all’Assemblea generale dell’Onu, per fare pressione sui recalcitranti.
La buona notizia venuta da Washington non è però sufficiente a mascherare le difficoltà in cui si trova ancora la preparazione della Cop21.
Il Parlamento europeo ha approvato a grande maggioranza questa settimana l’impegno degli europei: ridurre del 40% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, migliorare l’efficacia energetica del 40% e portare le rinnovabili al 30%.
Ma finora solo 74 paesi (su 195), che rappresentano il 66% delle emissioni, hanno inviato agli organizzatori il proprio piano nazionale, con un impegno preciso su come agiranno per ridurre il gas a effetto serra. L’ultimo contributo è stato quello dell’Indonesia, che si impegna a ridurre del 29% le proprie emissioni entro il 2030.
Le promesse fatte finora non sono sufficienti per garantire che il riscaldamento non superi i 2 gradi. Anche i finanziamenti arrivano con il contagocce, mentre l’Onu calcola che saranno necessari almeno 100 miliardi entro il 2020 per lottare contro il disordine climatico.
La strada è ancora lunga.
La Francia, intanto, mette in scena il cammino verso la Cop21: ieri, per esempio, il primo ministro, Manuel Valls, e la responsabile dell’Ecologia, Ségolène Royal, erano alla Mer de Glace, il ghiacciaio della parte nord del Monte Bianco, che negli ultimi 25 anni ha perso 100 metri di spessore.
Hollande si è circondato anche di personalità mediatiche, come Nicolas Hulot, per diffondere il messaggio della lotta al riscaldamento climatico. Ieri, anche il miliardario Richard Branson, padrone del gruppo Virgin, è sceso in campo: «Potremmo accogliere 100 milioni di rifugiati?» ha chiesto, sottolineando il legame tra disordine climatico e crisi umanitarie, di cui si è occupato a Parigi un recente convegno presieduto dal ministro degli Esteri, Laurent Fabius.
Parigi si prepara ad accogliere un mare di gente, venuta dal mondo intero. Si parla di almeno 40mila persone, tra delegazioni ufficiali, rappresentanti di ong e partecipanti ai contro-vertici. La conferenza ufficiale avrà luogo al Bourget, vicino a Parigi, una «zona blu» iper-controllata, dove nella seconda settimana della Cop21 saranno presenti anche decine di capi di stato e di governo (tra cui Obama).
Al Bourget ci sarà anche uno spazio per le grandi ong del clima. Al Grand Palais in decine di stand verranno presentate delle «soluzioni per una crescita verde», che già lasciano scettici i militanti del clima, che temono un’operazione di greenwashing da parte delle grandi aziende.
Poi ci sarà un grosso «off», con decine di contro-summit e luoghi alternativi, 130 ong riunite nella Coalizione Clima 21 (il centro di convergenza sarà il «104» nell’est di Parigi), una marcia per il clima il 29 novembre, una Giornata di azione di massa il 12 dicembre, un Villaggio mondiale delle alternative a Montreuil (5–6 dicembre), un Media Center alternativo «The place to be» vicino alla gare du Nord e varie mobilitazioni di carattere anche artistico, dalla Gaïté Lyrique alla Tour Eiffel o nella piazza di fronte all’Hotel de Ville.
Related Articles
Cop25. A Madrid il vero vertice sul clima occupa le strade
Un fiume in piena si riversa nelle strade della capitale spagnola. Greta accolta da superstar: «La nostra voce è sempre più forte ma basicamente non è ancora successo nulla»
«Intifada» sociale a Tel Aviv
L’ESTATE ISRAELIANA
Tunisi, poi piazza Tahrir al Cairo, la Spagna con un mese di rivolte, la Grecia. Ora Israele: a Tel Aviv, a Gerusalemme, i quartieri più poveri si riversano nelle piazze centrali e tra la sorpresa di tutti – forse degli stessi manifestanti – centinaia di migliaia di persone manifestano per le strade gridando che vogliono «giustizia sociale».
Parole simili non si sentivano, in Israele, da almeno vent’anni.
Crimea, divisioni schierate
Crisi ucraina. Il parlamento della penisola vota per l’adesione alla Russia: il 16 marzo ci sarà il referendum per l’annessione o l’autonomia