Non è per nulla scontato che la dichiarazione dell’ad serva a salvargli il posto. Ieri mattina un quotidiano tedesco annunciava online la sua defenestrazione e la sostituzione con il numero uno di Porsche Matthias Mueller. Ma immediatamente dopo il portavoce di Wolfsburg smentiva seccamente: “ Notizie ridicole”. Non si capisce se sia stata definita ridicola l’ipotesi delle dimissioni o quella della sostituzione con un uomo inevitabilmente vicino al rivale di Winterkorn, Ferdinand Piech.
Eppure le ombre sul futuro dell’ad non si sono certo diradate dopo la smentita. Che la situazione sia disperata lo dimostra la riunione a sorpresa del consiglio di sorveglianza. Incontro tenuto ieri sera all’aeroporto vicino alla sede della società e che è stato aggiornato ad oggi pomeriggio. Che cosa accadrà nel frattempo non è dato sapere. Certo, l’anticipo di ieri è da collegare all’ipotesi che anche nella seduta di Borsa di questa mattina il titolo continui a perdere.
Il governo tedesco, attraverso il ministro dei trasporti Alexander Dobrint, ha annunciato l’avvio di una commissione di inchiesta che comincerà a lavorare questa settimana nella sede della società. Ma anche per il governo di Berlino il “Dieselgate” potrebbe diventare imbarazzante. Perché proprio il ministero di Dobrint, come ha rivelato il quotidiano “Die Welt”, ha risposto il 28 luglio scorso a una interrogazione dei Verdi sui sistemi per falsificare i test e avrebbe dimostrato, nella replica, di essere a conoscenza del problema. Altrettanto avrebbe fatto la Commissione di Bruxelles.
Richieste di indagine da parte dell’Ue vengono da molti paesi dell’Unione. Francia Inghilterra e Italia hanno promesso indagini sui veicoli venduti nei loro paesi e chiesto che della vicenda si occupi Bruxelles. Ma per ora la Commissione nicchia. Ieri i commissari hanno fatto sapere che ritengono “molto serio” lo scandalo ma che “per il momento è prematuro trarre conclusioni”. In Italia il ministro dell’Ambiente, Luca Galletti, ha annunciato una richiesta di chiarimenti alle autorità tedesche non escludendo “ qualora necessario” di arrivare al blocco della vendita delle auto Vw equipaggiate con i motori diesel, come è già accaduto negli Usa. Più prudente, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, ha annunciato “verifiche in tempi rapidi”.
A qualche conclusione invece deve essere arrivata la stessa Volkswagen che, prevedendo i catastrofici effetti dello scandalo, ha annunciato di aver messo da parte 6,5 miliardi di euro per far fronte alle conseguenze della truffa. Una cifra molto inferiore ai 18 miliardi di dollari ipotizzati per la sola multa americana. Una cifra che dovrebbe servire a far fronte solo alle prime necessità. Il comunicato di ieri mattina con l’ammissione di aver truccato i sistemi elettronici di 11 milioni di veicoli rischia infatti di aumentare enormemente le richieste di risarcimento e di esporre la casa di Wolfsburg anche alle sanzioni dell’Europa che, se proporzionali al numero di auto vendute, dovrebbero essere più alte di quelle statunitensi.
In America il rischio per il costruttore tedesco non è solo legato alle sanzioni pecuniarie ma anche all’inchiesta penale annunciata dalla divisione ambiente e risorse naturali del Dipartimento di Giustizia. E in Florida un senatore democratico, Bill Nelson, ha scritto una lettera alla Commissione federale del commercio chiedendo di svolgere un’inchiesta a tutela dei consumatori che hanno acquistato “un’auto diversa da quella che gli era stata promessa dalla casa costruttrice”.