Emissioni truccate Volkswagen shock il titolo crolla del 17%

Emissioni truccate Volkswagen shock il titolo crolla del 17%

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 BERLINO. Nel mondo dell’auto globale di massa, è quasi un Goetterdaemmerung, un wagneriano crepuscolo degli dèì: denunciato dalle autorità americane per truffa sui dati delle emissioni delle sue auto, il colosso multimarchi tedesco Volkswagen subisce un tracollo del 18,6% in Borsa, con punte vicine al meno 20 nelle ore di contrattazione. Ciò vuol dire 13 miliardi di euro bruciati in poche ore. Ancor più pesante minaccia di essere per i bilanci il peso dell’annunciata multa-sanzione Usa: 18 miliardi di dollari. Vacilla la posizione dell’ad Martin Winterkorn, appena uscito vittorioso a fatica dal braccio di ferro con il “grande vecchio” del gruppo, Ferdinand Piech, nipote del leggendario Ferdinand Porsche. Ma siccome Volkswagen è ovunque sul pianeta un simbolo della rinascita postbellica tedesca, il danno è gravissimo per l’insieme del sistema Germania. Persino il portavoce della Casa Bianca ha espresso «seria preoccupazione», e il vice cancelliere tedesco, leader della Spd e superministro dell’Economia Sigmar Gabriel, ha ammonito che il governo è «molto inquieto del colpo alla reputazione dell’industria dell’auto nazionale in generale, non solo di Vw».
Tutto è cominciato dall’annuncio, nello scorso fine settimana, dei risultati dell’indagine dell’Epa, la potente authority usa responsabile del controllo dell’inquinamento, in particolare delle emissioni delle auto in circolazione. I suoi controlli hanno rivelato che diversi modelli di Volkswagen e del suo marchio premium Audi, specie quelli equipaggiati con motori turbodiesel a due litri, inquinano molto più del previsto. Non per errore umano, bensì per una truffa pianificata eal più alto livello tecnologico: quelle auto hanno a bordo centraline “furbette” in grado di ridurre le emissioni solo nei momenti in cui esse vengono controllate, e di lasciarle a livello “normale”, cioè ben superiore alle severe norme nordamericane, nell’uso quotidiano delle vetture. E mentre sui tedeschi si abbatte anche l’inchiesta penale e il divieto di vendita dei modelli diesel, controlli investono altri produttori di vetture.
«Riconosciamo la nostra responsabilità », ha ammesso Winterkorn. Ma il suo futuro di numero uno del gruppo è in forse, la riunione di venerdì del vertice del gruppo a Wolfsburg si annuncia tempestosa. Molti chiedono le sue dimissioni. Appena pochi mesi fa, Winterkorn appellandosi agli azionisti aveva contestato la sfiducia dichiarata contro di lui dal vecchio patriarca Piech. E lo aveva sconfitto. Adesso sembra una vittoria di Pirro. Proprio mentre, sui mercati nordamericano ed europeo, la concorrenza dai mille volti si fa più temibile: da Fca ai giapponesi di Toyota, dai coreani di Hyundai-Kia fino, nel segmento premium, agli svedesi di Volvo.
Il sogno di Vw, di sorpassare in corsa General Motors e Toyota e di divenire numero uno mondiale dell’auto sembra svanito, commenta Spiegel online . Non finisce qui: al danno finanziario della multa, e al durissimo colpo d’immagine, si aggiungono altri rischi. Cause di automobilisti che hanno comprato Vw, di venditori autorizzati, di enti locali.
Dal dopoguerra, la Volkswagen è simbolo della rinascita economica della democrazia tedesca nata a Bonn sulle ceneri del Reich sconfitto. Già nel 1953, otto anni dopo la vittoria alleata, i primi “maggiolini” venivano venduti con successo negli Usa. Decenni dopo, la Golf s’impose come auto di riferimento mondiale. Anche nel passato recente, Vw era stata colpita da scandali: come negli anni Novanta, quando sottrasse a Opel (GM) il manager Ignacio Lòpez che prometteva super-risparmi nell’indotto, e poi si scoprì che aveva portato a Wolfsburg segreti tecnologici-chiave del suo ex datore di lavoro. Eppure era rimasta esempio di cogestione, coni contratti di solidarietà negoziati con la IgMetall dal 1993 per salvare ogni posto di lavoro. Adesso per Vw vacilla anche la pace sociale: Bernd Osterloh, senior leader dei consigli di fabbrica del colosso, esige a che i responsabili paghino di persona.


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