Kiev non è Atene: debito tagliato

Kiev non è Atene: debito tagliato

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Tra­sforma una rivolta con­tro la cor­ru­zione, in un’operazione poli­tica di regime change, soste­nuta da Ue, Usa e Nato, rea­liz­zata dalla mano­va­lanza neo­na­zi­sta. Sistema al ver­tice del governo l’uomo gra­dito a Washing­ton, piazza come pre­si­dente un oli­garca che oltre a pos­se­dere una spe­cie di impero nazio­nale dei media, già da tempo ban­chetta con il potere poli­tico (oltre ad avere già avuto in pre­ce­denza ruoli governativi).

Pro­cla­mati come «paci­fi­sta» salvo armare eser­cito e bat­ta­glioni nazi­sti, bar­ca­me­nati in un con­flitto che appare senza via di uscita. E come risul­tato, in pre­mio, l’enorme debito estero che pra­ti­ca­mente met­te­rebbe il paese in ginoc­chio, in uno sta­tus tec­nico di default, verrà tagliato del 20%. È suc­cesso all’Ucraina e chissà che ne pen­sano ad Atene. Poro­shenko e la sua mini­stra delle finanze sono riu­sciti nell’impresa di otte­nere il 20% di sconto ai pro­pri debiti (tranne quelli con­tratti da Janu­ko­vich con la Rus­sia di Putin, che ammon­tano a circa 3miliardi) e rispar­miare parec­chi soldi. Nata­lie Jare­sko ha spie­gato che la ristrut­tu­ra­zione pre­vede un «hair­cut» del 20%, che per­met­terà di rispar­miare circa 3,6 miliardi di dol­lari su un debito di 18. Pre­vi­sto un allun­ga­mento delle sca­denze di 4 anni e un tasso d’interesse sui titoli di Stato al 7,75%.

Il gruz­zolo si va a som­mare ai tanti altri miliardi di euro già ero­gati dal Fmi, insieme alle pro­messe della comu­nità busi­ness di Washing­ton di inve­stire in Ucraina. In paral­lelo, sono aumen­tati i prezzi di tutto, l’economia del paese è allo sfa­scio e in cam­bio del taglio del debito arri­ve­ranno le «riforme» così care ai «creditori».

Ma natu­ral­mente i giu­dizi sono posi­tivi, all’unanimità: «L’accordo sul debito mette in con­di­zione l’Ucraina di andare avanti sulla strada delle riforme», ha spe­ci­fi­cato il pre­si­dente della Com­mis­sione euro­pea Jean Claude Junc­ker durante una con­fe­renza stampa con­giunta con il pre­si­dente ucraino Petro Poro­shenko, ieri in visita a Bru­xel­les. E non poteva man­care Chri­stine Lagarde.

«I ter­mini dell’accordo con­tri­bui­ranno a rista­bi­lire la soste­ni­bi­lità» del debito ucraino e «insieme agli sforzi delle auto­rità sul piano delle riforme, cen­tre­ranno con­si­de­re­vol­mente gli obiet­tivi del piano di aiuti, soste­nuto dal Fondo» ha scritto la diret­trice gene­rale del Fondo mone­ta­rio in una nota. La pos­si­bi­lità che il debito estero ucraino venisse tagliato era nell’aria, per quanto sia arri­vato al ter­mine di mesi di nego­ziati (soprat­tutto alcuni cre­di­tori ame­ri­cani non sem­brano troppo con­vinti). Del resto con l’Ucraina c’erano già state impor­tanti con­ces­sioni, oltre agli aiuti a piog­gia arri­vati quando lo strappo con la Rus­sia di Putin era stato decre­tato dal movi­mento della Majdan.

E pro­prio sul fronte della guerra, ieri è giunta un’importante novità. Le auto­rità ucraine e i sepa­ra­ti­sti del Don­bass — riu­niti da giorni per tro­vare una solu­zione, sem­brano aver con­cluso un accordo per un ces­sate il fuoco dal primo set­tem­bre, giorno in cui ini­zia uffi­cial­mente il nuovo anno sco­la­stico, per non met­tere in peri­colo la vita degli sco­lari. Lo hanno annun­ciato ieri sera a Minsk il rap­pre­sen­tante dell’Osce, Mar­tin Sai­dik, e il por­ta­voce uffi­ciale della Repub­blica di Lugansk, Vla­di­slav Deinego.

La pre­ce­dente tre­gua era stata rag­giunta a Minsk lo scorso feb­braio, dopo quella pre­ce­dente del set­tem­bre 2014, ma da allora ad oggi i com­bat­ti­menti sono pro­se­guiti, con il con­sueto cor­redo di morti di civili. Ancora nelle scorse set­ti­mane nelle regioni orien­tali alcuni scon­tri a fuoco aveva pro­vo­cato la morte di decine di persone.

Sul ces­sate il fuoco che quanto meno potremmo offrire dav­vero una tre­gua alla popo­la­zione si è espresso a suo modo Poro­shenko, il re del cioc­co­lato che ama par­lare di pace, men­tre i suoi sol­dati ven­gono adde­strati dagli uomini della Nato: «Per­ché aspet­tare il primo set­tem­bre? Per­ché dob­biamo avere altre vit­time? Io chiedo a Mosca il ces­sate il fuoco subito, ora», ha riba­dito nel corso della sua visita a Bru­xel­les, durante la quale è tor­nato a denun­ciare le «con­ti­nue vio­la­zioni» da parte della Rus­sia degli accordi di Minsk.

Quindi, in una con­fe­renza stampa con Junc­ker, Poro­shenko ha rin­gra­ziato l’Ue per il suo appog­gio e la sua piena soli­da­rietà: «Abbiamo for­nito tutte le assi­cu­ra­zioni sul fatto che stiamo andando avanti sulla strada delle riforme. A que­sto punto — ha aggiunto — spero che l’Europa, in assenza di una reale imple­men­ta­zione dell’accordo di Minsk, pro­ro­ghi le san­zioni nei con­fronti di Mosca».

E dalla Rus­sia arriva la noti­zia di almeno 2mila morti nel con­flitto, secondo un arti­colo «sfug­gito» ad un media nazio­nale. Il soste­gno russo al Don­bass non è mai stato un mistero, attuato soprat­tutto attra­verso mer­ce­nari e volon­tari. Mosca ha sem­pre negato, men­tre diverse volte sol­dati russi sareb­bero stati avvi­stati al di qua del con­fine ucraino, senza mai otte­nere una con­ferma. Gli stessi mili­ziani indi­pen­di­sti hanno più volte ricor­dato che senza l’aiuto russo non avreb­bero mai avuto modo di resi­stere e addi­rit­tura con­qui­stare por­zioni di territorio.



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