Il Psoe presenta il suo piano «per un’altra Europa»

Il Psoe presenta il suo piano «per un’altra Europa»

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Oggi il par­la­mento di Madrid darà il pro­prio scon­tato via libera al «piano di aiuti» per la Gre­cia: favo­re­voli il Par­tido popu­lar del pre­mier Mariano Rajoy e i socia­li­sti di Pedro Sán­chez. Un’identità di voto che si fonda, però, su moti­va­zioni diverse: per la destra al governo, l’«accordo» sot­to­scritto da Atene è la dimo­stra­zione che all’austerità (par­don, alle «riforme») non ci può essere alter­na­tiva, men­tre il Psoe lo con­si­dera meri­te­vole di soste­gno solo per­ché ha evi­tato la rot­tura dell’Eurozona. Per uscire vera­mente dalla crisi, affer­mano i socia­li­sti ibe­rici, ser­vono ricette diverse: quelle che Sán­chez, appro­fit­tando della seduta straor­di­na­ria, illu­strerà oggi nell’aula del Con­greso de los dipu­ta­dos.

I con­te­nuti fon­da­men­tali del piano del Psoe «per un’altra Europa» sono stati anti­ci­pati dal quo­ti­diano El País di ieri. Le misure ipo­tiz­zate non sono nulla di rivo­lu­zio­na­rio (o di par­ti­co­lar­mente ori­gi­nale), eppure suo­nano quasi come roman­ti­che uto­pie di fronte all’inossidabile ordo­li­be­ri­smo del blocco di potere a guida tede­sca che regge le sorti dell’Unione euro­pea. Il cata­logo è que­sto: unione fiscale fina­liz­zata a poli­ti­che per la cre­scita, asse­gno di disoc­cu­pa­zione comune ai Ven­totto, stop al dum­ping nelle impo­ste sulle imprese, tas­sa­zione delle tran­sa­zioni finan­zia­rie e delle emis­sioni inqui­nanti, un Tesoro euro­peo che emetta titoli di debito pub­blico (euro­bond), sala­rio minimo legale valido in tutta l’Ue, riforma della gover­nance dell’euro con un «mini­stro dell’economia» dell’eurozona. Tutti cam­bia­menti che richie­de­reb­bero una modi­fica dei trattati.

Quando l’eco di que­ste pro­po­ste giun­gerà alle loro orec­chie, non è dif­fi­cile imma­gi­nare la rea­zione che avranno la can­cel­liera Angela Mer­kel, il suo mini­stro Wol­fgang Schäu­ble e il gover­na­tore della Bun­de­sbank Jens Weid­mann. Tanto più alla luce della recente inter­vi­sta al set­ti­ma­nale tede­sco Focus in cui il numero uno della banca cen­trale ha pro­po­sto di affi­dare la super­vi­sione dei bilanci degli stati a un orga­ni­smo total­mente tec­nico, sot­traen­dola alla Com­mis­sione di Bru­xel­les con­si­de­rata «troppo poli­tica» e con­di­zio­na­bile. Sem­bra incre­di­bile, ma pur­troppo è vero: per Weid­mann, il già debole tasso di legit­ti­ma­zione demo­cra­tica della Com­mis­sione Ue è comun­que troppo, e i bilanci dei Paesi dovreb­bero essere decisi da fun­zio­nari senza nome, non eletti né con­trol­lati da nessuno.

È pro­ba­bile, dun­que, che chi comanda in Europa, dopo avere siste­mato per il momento la «pra­tica Gre­cia», si dedi­cherà ora a evi­tare che in Spa­gna qual­cuno riprovi a distur­bare il mano­vra­tore. Le ele­zioni saranno a novem­bre, i son­daggi annun­ciano uno sce­na­rio aper­tis­simo, e il «piano per un’altra Ue» di Sán­chez mostra che, almeno sulla carta, il Psoe non si è arreso all’idea che nulla possa cam­biare: «L’accordo sulla Gre­cia non è la fine di un pro­cesso, ma deve essere l’inizio di una sta­gione molto diversa in Europa», è scritto nel docu­mento anti­ci­pato da El País. Sán­chez si can­dida ad essere pro­ta­go­ni­sta di que­sta «nuova sta­gione», imma­gi­nando un asse innan­zi­tutto con il governo di Parigi, al quale ver­rebbe rico­no­sciuta la lea­der­ship del blocco dei Paesi pro­gres­si­sti, con­tral­tare al nucleo duro ordo­li­be­ri­sta for­mato da Ger­ma­nia e satelliti.

Visti i pre­ce­denti, lo scet­ti­ci­smo sulle buone inten­zioni dei socia­li­sti ibe­rici – per tacere del pre­si­dente fran­cese Fra­nçois Hol­lande – è ampia­mente giu­sti­fi­cato: a inau­gu­rare l’austerità in Spa­gna fu pro­prio l’ex pre­mier José Luís Zapa­tero alla fine del suo man­dato. E tut­ta­via, pur senza farsi troppe illu­sioni, il segnale di «insu­bor­di­na­zione» verso Mer­kel e Schäu­ble che arriva dal Psoe può essere letto come una posi­tiva ricerca di un ter­reno d’intesa con Pode­mos all’insegna di una poli­tica diversa da quella attuata negli ultimi quat­tro anni da Mariano Rajoy, servo obbe­diente del governo di Berlino.



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