Cresce del 34% il debito delle fami­glie

Cresce del 34% il debito delle fami­glie

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Negli anni della crisi, l’indebitamento medio delle fami­glie ita­liane è aumen­tato di oltre il 34%. Secondo i dati dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, nel 2014 le fami­glie hanno con­tratto debiti con le ban­che e gli isti­tuti di cre­dito per un totale di 493,3 miliardi di euro. Nel 2007 l’insieme dei «pas­sivi» era pari a 367 miliardi di euro: più 34,2%. E non è certo colpa dell’inflazione che, nello stesso periodo di tempo, è cre­sciuta sol­tanto del 13,6%.
E, se è vero che il feno­meno ha ral­len­tato nell’ultimo anno — nel 2013 l’ammontare intero dei debiti era pari a 496 miliardi di euro — è altret­tanto vero che come scri­vono gli ana­li­sti del cen­tro studi, «l’incidenza mag­giore dei debiti sui red­diti per­ce­piti ricade pro­prio sulle fami­glie eco­no­mi­ca­mente più deboli», quelle che quando chie­dono un pre­stito non lo fanno solo per accen­dere un mutuo, ma anche solo per far qua­drare i conti.
Così, dallo stu­dio della Cgia emerge che ogni fami­glia ita­liana ha un debito medio di 19.108 euro e, anche in que­sto caso, il diva­rio tra il Nord e il Sud è evi­den­tis­simo. Le fami­glie più espo­ste con le ban­che abi­tano in Lom­bar­dia: in testa in que­sta poco invi­dia­bile clas­si­fica Milano (27.643 euro), Monza (27.442 euro), Lodi (26.783) e Varese (25.720). Nelle ultime posi­zioni, per valori asso­luti, il Mez­zo­giorno con le fami­glie resi­denti nella pro­vin­cia di Reg­gio Cala­bria, con un’esposizione di 8.720 euro, quelle di Vibo Valen­tia (8.426) e di Enna (8.249). Le fami­glie meno inde­bi­tate d’Italia si tro­vano in Sar­de­gna, nell’Ogliastra, con un «rosso» che tocca gli 8.232 euro.
«Seb­bene le aree pro­vin­ciali più gra­vate dai debiti siano quelle che pre­sen­tano i livelli di red­dito più ele­vati – sot­to­li­nea Paolo Zabeo, respon­sa­bile dell’ufficio studi della Cgia – è evi­dente che anche in que­ste zone tra le fami­glie eco­no­mi­ca­mente espo­ste vi siano molti nuclei appar­te­nenti alle fasce sociali più deboli. Tut­ta­via, le forti espo­si­zioni ban­ca­rie di que­ste zone, tenendo soprat­tutto conto di signi­fi­ca­tivi inve­sti­menti avve­nuti negli anni scorsi nel set­tore immo­bi­liare, non destano par­ti­co­lare pre­oc­cu­pa­zione che, invece, si riscon­tra in altre aree del Paese, in par­ti­co­lar modo nel Mez­zo­giorno».
Insomma, c’è debito e debito e a pre­oc­cu­pare mag­gior­mente gli ana­li­sti del cen­tro studi di Mestre sono pro­prio le pro­fonde dise­gua­glianze che con­ti­nuano ad accen­tuarsi anche nel nostro paese. «La mag­giore inci­denza del debito sul red­dito – con­clude Zabeo – si riscon­tra nelle fami­glie eco­no­mi­ca­mente più deboli, vale a dire in quelle a rischio esclu­sione sociale. Sep­pur in calo, que­ste ultime potreb­bero ritor­nare a cre­scere di numero, visto che gli effetti della crisi hanno accen­tuato, anche da noi, il diva­rio tra poveri e ric­chi». Tra­dotto: i ric­chi hanno buone pos­si­bi­lità di essere sem­pre più ric­chi, i poveri sem­pre più poveri.
Infatti, in que­sti ultimi anni, anche a seguito del cre­dit crunch — la stretta sull’offerta di cre­dito attuata dalle ban­che a par­tire dal 2011– le fami­glie hanno assunto un com­por­ta­mento eco­no­mico più misu­rato, pri­vi­le­giando, para­dos­sal­mente, il rispar­mio. «Tra il 2011 e il 2014 i depo­siti ban­cari delle fami­glie sono cre­sciuti del 15,8%. In buona sostanza, il clima di sfi­du­cia dif­fu­sosi in que­sti ultimi anni, gli effetti della crisi e la paura che la situa­zione gene­rale possa peg­gio­rare ulte­rior­mente hanno con­di­zio­nato le scelte eco­no­mi­che delle fami­glie. Meno acqui­sti, meno inve­sti­menti e più risparmi, con evi­denti rica­dute nega­tive per le atti­vità com­mer­ciali e arti­gia­nali che, nella stra­grande mag­gio­ranza dei casi, vivono dei con­sumi del ter­ri­to­rio in cui ope­rano».
Il depu­tato ex Pd Ste­fano Fas­sina chiosa: «Sono numeri che mostrano quanto tutto ruoti intorno al disa­gio legato alla per­dita del lavoro. Durante la crisi eco­no­mica si sono persi oltre un milione di posti e men­tre si ricorre sem­pre più spesso al part-time, nell’ultimo anno abbiamo assi­stito ad una vera e pro­pria esplo­sione dei “vou­cher”, i buoni uti­liz­zati per i lavori occa­sio­nali».
Quello che manca, secondo l’ex vice­mi­ni­stro dell’economia, è una poli­tica eco­no­mica del governo che sia attenta alle dif­fi­coltà delle fasce sociali più deboli: «L’eliminazione della tassa sulla prima casa annun­ciata da Renzi non va, certo, in que­sta dire­zione. È un spot elet­to­rale molto effi­cace, ma che non tiene conto delle reali neces­sità». Biso­gne­rebbe, invece, a suo avviso, «con­cen­trare quelle poche risorse a dispo­si­zione, su quanti in que­sti anni hanno perso il lavoro e sulle fasce sociali a rischio di povertà assoluta».



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