Cani e recinzioni La linea dura di Cameron sui migranti
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LONDRA David Cameron e François Hollande ieri sera si sono consultati a lungo. Ma la strategia contro l’onda di migranti che preme, oltre Manica, per toccare le coste inglesi, era stata già tracciata nel pomeriggio con l’annuncio dell’invio di cani poliziotto e nuove barriere in Francia. Il premier britannico ha rassicurato così i suoi cittadini, dopo l’ennesimo bollettino di assalti notturni all’ingresso dell’Eurotunnel a Calais. «Durerà tutta l’estate», ha ammesso, come se si fosse accorto solo ora che il pattugliamento di Frontex, l’unica fragile operazione congiunta che l’Unione europea è riuscita a produrre finora, non può fermare la marea in arrivo attraverso il Mediterraneo.
La Gran Bretagna, da sempre terra d’accoglienza — basta un breve tragitto in metrò per comprendere il lascito multiculturale del suo passato imperiale — è presa all’improvviso da una viscerale paura dello straniero che bussa alle sue porte. Quasi una «sindrome da assedio», a leggere i tabloid, che invocano l’intervento dell’esercito. Cameron sceglie dunque la linea intransigente: dopo aver promesso, giovedì, di «fermare lo sciame in arrivo» — frase che gli è costata più di una critica — ieri si è schierato dalla parte dei vacanzieri imbottigliati in Kent, ultimo lembo di terra inglese, e dei camionisti che restano bloccati anche 18 ore ai bordi dell’autostrada (ora potranno fermarsi nelle caserme).
«Questa situazione è inaccettabile», ha concluso il premier, senza fare parola dello sciopero dei traghettatori francesi del gruppo SeaFrance, che anche ieri hanno inscenato durissime proteste sulle bretelle autostradali di Calais. Il «nemico» restano i migranti, che ora toccherà ai cani scovare sui Tir diretti verso il Regno Unito (giovedì, ad una gara ippica, è emerso un sudanese da sotto al trailer di un cavallo). Non proprio un’invasione, a dire il vero: tocca al Times ricordare che i disperati del campo di Calais (3-5 mila in tutto) «non sono una minaccia del calibro di Napoleone o Hitler». Il quotidiano, però, accusa Parigi di «inerzia» e richiama alle regole della Convenzione di Dublino: «Se i clandestini riescono a passare dall’Italia e dalla Grecia fino alla Francia, devono essere rispediti indietro al primo porto di scalo».
Insomma, la Gran Bretagna è pilatescamente pronta a lavarsene le mani. E a piangere pure miseria, come le autorità del Kent «travolte dall’enorme stress» di dover ospitare 605 minori richiedenti asilo. Sì, il numero è proprio quello: 605 a fronte delle migliaia che arrivano sulle coste siciliane.
Sara Gandolfi
La Gran Bretagna, da sempre terra d’accoglienza — basta un breve tragitto in metrò per comprendere il lascito multiculturale del suo passato imperiale — è presa all’improvviso da una viscerale paura dello straniero che bussa alle sue porte. Quasi una «sindrome da assedio», a leggere i tabloid, che invocano l’intervento dell’esercito. Cameron sceglie dunque la linea intransigente: dopo aver promesso, giovedì, di «fermare lo sciame in arrivo» — frase che gli è costata più di una critica — ieri si è schierato dalla parte dei vacanzieri imbottigliati in Kent, ultimo lembo di terra inglese, e dei camionisti che restano bloccati anche 18 ore ai bordi dell’autostrada (ora potranno fermarsi nelle caserme).
«Questa situazione è inaccettabile», ha concluso il premier, senza fare parola dello sciopero dei traghettatori francesi del gruppo SeaFrance, che anche ieri hanno inscenato durissime proteste sulle bretelle autostradali di Calais. Il «nemico» restano i migranti, che ora toccherà ai cani scovare sui Tir diretti verso il Regno Unito (giovedì, ad una gara ippica, è emerso un sudanese da sotto al trailer di un cavallo). Non proprio un’invasione, a dire il vero: tocca al Times ricordare che i disperati del campo di Calais (3-5 mila in tutto) «non sono una minaccia del calibro di Napoleone o Hitler». Il quotidiano, però, accusa Parigi di «inerzia» e richiama alle regole della Convenzione di Dublino: «Se i clandestini riescono a passare dall’Italia e dalla Grecia fino alla Francia, devono essere rispediti indietro al primo porto di scalo».
Insomma, la Gran Bretagna è pilatescamente pronta a lavarsene le mani. E a piangere pure miseria, come le autorità del Kent «travolte dall’enorme stress» di dover ospitare 605 minori richiedenti asilo. Sì, il numero è proprio quello: 605 a fronte delle migliaia che arrivano sulle coste siciliane.
Sara Gandolfi
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