“La casta dei burocrati non ci vuole ascoltare così l’Eurogruppo sta perdendo potere”

“La casta dei burocrati non ci vuole ascoltare così l’Eurogruppo sta perdendo potere”

Loading

Il meeting di giovedì scorso dell’Eurogruppo è scivolato via e passerà alla storia come un’occasione perduta di dar vita a un accordo tra la Grecia e i suoi creditori, per altro già tardivo. Forse, l’osservazione più significativa proferita da un ministro delle Finanze tra i partecipanti è stata quella dell’irlandese Micheal Noonan, che ha protestato perché i ministri delle Finanze non erano stati messi al corrente della proposta avanzata dalle istituzioni al mio governo.
La zona euro si muove in modo misterioso. Decisioni di importanza preminente sono approvate senza riflettere da ministri delle Finanze che restano all’oscuro dei dettagli, mentre i funzionari non eletti di istituzioni potentissime sono bloccati in negoziati con una parte sola, un governo isolato e in difficoltà.
È come se l’Europa avesse deciso che i ministri eletti delle Finanze non sono all’altezza del compito di conoscere a fondo i dettagli tecnici, compito che è meglio lasciare a “esperti” che non rappresentano l’elettorato ma le istituzioni. È impossibile in tali circostanze non chiedersi fino a che punto tale metodo sia proficuo, e tanto meno se sia anche solo lontanamente democratico.
Sensazione di superiorità
I greci per anni hanno protestato a gran voce, hanno opposto una fiera resistenza alla troika, nel gennaio scorso hanno eletto il mio partito radicale di sinistra e restano fermi nella totale assenza di vento della recessione. Se tale sentimento è comprensibile, permettetemi, cari lettori, di sostenere che in ogni caso esso non è di alcun aiuto, per almeno tre motivi. Primo, non agevola la comprensione dell’attuale tragica situazione greca. Secondo, tralascia di informare adeguatamente il dibattito su come la zona euro, e più in generale l’Ue, dovrebbe progredire. Terzo, semina senza necessità alcuna discordia tra popoli che hanno in comune più di ciò di cui si rendono conto.
Il deficit greco
Dal 2009 il deficit pubblico greco è stato ridotto, in termini corretti per il ciclo, di uno strabiliante 20 per cento, tanto da trasformare un ingente deficit in una grande eccedenza primaria strutturale. I salari si sono contratti del 37%, le pensioni anche del 48%. Il numero dei dipendenti statali è sceso del 30%, la spesa per i consumi del 33% e perfino il disavanzo delle partite correnti si è contratto del 16%. Ahimè, la correzione è stata a tal punto drastica che l’attività economica è stata strangolata, il reddito complessivo è diminuito del 27%, la disoccupazione è balzata alle stelle del 27%, il lavoro sommerso è progressivamente aumentato arrivando al 34%, il debito pubblico è salito al 180% del Pil in rapido calo della nazione.
Ciò di cui la Grecia ha assolutamente bisogno ora non sono altri tagli, tali da spingere una popolazione già molto depauperata in una condizione di ulteriore avvilimento; né più alte percentuali di prelievo fiscale o oneri che finiscano con lo strangolare del tutto ciò che resta dell’attività economica. Queste misure “parametriche”, come le chiamano le istituzioni, sono state eccessive, e ad esse si deve il fatto che oggi la nazione è in ginocchio.
Ciò di cui la Grecia ha disperatamente bisogno sono riforme serie ed equilibrate. Ci serve un nuovo apparato fiscale che contribuisca a debellare l’evasione fiscale e al contempo ad arginare le interferenze della politica e delle imprese. Ci servono un sistema di approvvigionamento esente da corruzione, procedure di concessione di licenze che siano business friendly, riforme giudiziarie, soppressione di scandalose prassi di pensionamento anticipato, adeguata regolamentazione dei media e del finanziamento dei partiti politici e così via.
Durante il meeting dell’Eurogruppo di giovedì scorso ho presentato l’agenda di tutte le riforme messe a punto dal nostro governo, studiate appositamente per raggiungere gli obbiettivi enumerati, e ho annunciato la nostra decisione di collaborare ufficialmente con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OC-SE) per vararle. Ho anche presentato una tassativa proposta per far entrare in vigore un meccanismo di freno all’indebitamento instaurato per legge che, fatto scattare da una commissione fiscale indipendente, possa automaticamente ridurre tutte le spese pubbliche della percentuale necessaria a rimettere sulla giusta strada la spesa pubblica per il raggiungimento di obiettivi pre-concordati di primaria importanza.
Ho presentato all’Eurogruppo una serie di proposte ben ponderate per procedere a swap del debito che consentirebbero alla Grecia di rientrare nei capital market e di prendere parte al programma della Bce (meglio noto come quantitative easing o alleggerimento quantitativo).
Un silenzio assordante
È increscioso, ma purtroppo la mia presentazione è stata accolta da un silenzio assordante. A eccezione dell’acuta osservazione di Michael Noonan, tutti gli altri interventi hanno ignorato completamente le nostre proposte e rafforzato la frustrazione dei ministri per il fatto che la Grecia…non aveva proposte!
Chi avesse assistito in maniera imparziale alle delibere dell’Eurogruppo giungerebbe inesorabilmente alla conclusione che si tratta di un forum assai bizzarro, mal attrezzato per prendere buone e solide decisioni quando l’Europa ne ha davvero bisogno. Grecia e Irlanda all’inizio della crisi sono state fortemente colpite perché l’Eurogruppo non era stato concepito per gestire efficacemente le crisi. Ed è tuttora incapace di farlo.
La domanda pressante è la seguente: quanto è probabile che la zona euro diventi un’unione migliore alla quale appartenere, qualora la Grecia sia data in pasto ai lupi malgrado il tipo di proposte presentate al meeting dell’Eurogruppo di giovedì scorso? O è più probabile che un’intesa su queste proposte potrebbe effettivamente portare a maggiore apertura, maggiore efficienza e maggiore democrazia?
Traduzione di Anna Bissanti



Related Articles

No aymara NO ALLA CENTRALE

Loading

La dura opposizione dei nativi della regione di Puno, sul lago Titicaca fra Perù e Bolivia, ha costretto il governo uscente del presidente Alan Garcà­a a cancellare il mega-progetto dell’impianto idroelettrico sul fiume Inambari

Benetton, «pay up!»

Loading

Bangladesh. Dopo quasi un anno dalla più grande strage del tessile, quella del Rana Plaza, 1.134 operai morti e oltre 2mila feriti, gli attivisti di tutto il mondo lottano per i risarcimenti dei 27 marchi coinvolti

Il premier tra Churchill e Keynes

Loading

In Europa e in Italia domina ancora la Treasury View, quel punto di vista del Tesoro britannico che nell’infausto ’29 Winston Churchill, allora Cancelliere dello Scacchiere, aveva sostenuto con determinazione: «Quali che ne possano essere i vantaggi politici e sociali, soltanto una assai piccola occupazione addizionale, ma nessuna occupazione addizionale permanente, possono essere create con l’indebitamento pubblico e con la spesa pubblica».

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment