Family Day 2.0, la persistenza dell’estremismo clericale
Una piazza San Giovanni a Roma dignitosamente piena, non stracolma, di famiglie cattoliche, esponenti politici della destra italiana, di altre confessioni cristiane e musulmane per fermare la legge sulle unioni civili e impedire la diffusione della sedicente teoria gender nelle scuole, ha dato vita al Family Day 2.0.
Il primo raduno fu organizzato nel 2007 per bloccare qualsiasi discussione sui Pacs, allora va ricordato che l’operazione politica riuscì appieno. Sono passati otto anni e il mondo intero è cambiato.
L’Europa, ad eccezione di pochi paesi dell’ex blocco sovietico, dell’Italia e della Grecia (quest’ultima a luglio probabilmente approverà la legge sulle unioni civili), è schierata con le sue leggi sul matrimonio egualitario o delle unioni.
Nel 2007 non arrivavano a dieci gli stati Usa con il matrimonio gay, oggi sono 37 e, entro fine giugno la Corte Suprema dirà se è illegale vietare alle coppie omosessuali gli stessi diritti di quelle etero. In pochi anni, l’America Latina è un continente all’avanguardia delle tutele per le persone lgbt.
Descrivere questa realtà serve a comprendere come quella piazza di ieri sapesse bene di esprimere posizioni minoritarie nel mondo libero e, per questo abbia avuto bisogno dell’aiuto l’imam di Centocelle, diverse chiese ortodosse e sette evangeliche, fino alla lettura di un messaggio del rabbino capo di Roma.
Lo schema è identico a quello seguito nel recente passato in Francia, Spagna, Irlanda e così via. Piazze piene di famiglie, adulti e bambini stretti per farsi forza, come se fossero novelli martiri nel Colosseo della secolarizzazione, nel quale vengono sbranati dalle azioni dell’Onu, della Ue, del governo italiano. Il cattolicesimo tradizionalista e reazionario in Italia si sono sempre uniti, pur non piacendosi, nei passaggi storici per arginare qualsiasi riforma laica e civile. Esiste, però, un’enorme differenza tra i martiri del proto cristianesimo e i militanti di Manif pour Tous: i primi morivano per affermare la libertà di poter credere nel proprio Dio, i secondi vogliono negare il diritto al pieno riconoscimento pubblico dei gay. Il vittimismo che è andato in scena, è talmente ipocrita e infarcito di consapevoli bugie, da meritare meditazione e preghiera.
Però alla sinistra non può sfuggire che la gran parte di quelle famiglie a piazza San Giovanni, è un pezzo evidente della crisi, la rappresentazione di politiche inesistenti per il diritto alla maternità, alla conciliazione dei tempi, ai servizi, agli asili, agli aiuti economici: tutti strumenti che nei paesi dove le differenti famiglie sono riconosciute, aiutano il cambiamento.
Più diritti per tutti, significa essere all’altezza della sfida lanciata dal fronte reazionario, dimostrando con i fatti che unioni civili, educazione alle differenze, rispetto tra i generi, sono l’esatto contrario dell’egoismo geloso stigmatizzato nel Vangelo.
Ieri l’estremismo clericale ha segnalato la sua persistenza, altro è la riflessione anche non semplice, che nel ben più vasto popolo di Dio è da tempo aperta sui diritti delle famiglie omosessuali, così come ci segnala la carsica e a tratti interessante discussione intorno al Sinodo. Il parlamento faccia il suo dovere, ma i cattolici italiani che non vogliono ancora una volta esser trascinati nelle trincee escano dal silenzio.
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