L’enciclica di Bergoglio sull’ambiente «Conversione ecologica universale»
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CITTÀ DEL VATICANO «Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data». Papa Francesco parla della «crisi» attuale e chiede «a tutte le persone di buona volontà» una «conversione ecologica» e una «nuova solidarietà universale», nell’enciclica Laudato si’ «sulla cura della casa comune» che sarà pubblicata giovedì. Il testo era sotto «embargo», il sito dell’ Espresso lo ha pubblicato ieri pomeriggio: «una bozza» e «non il testo finale», ha detto padre Lombardi.
In Vaticano c’è grande irritazione, la «violazione delle regole di correttezza» è considerata una mossa deliberata «contro il Papa e contro l’enciclica», per indebolire la presentazione di un testo che critica lo squilibrio tra Nord e Sud del mondo e la politica ambientale dei Paesi più potenti, parla della «regola d’oro» della «subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni», e aveva subìto un fuoco di sbarramento prima della pubblicazione soprattutto negli ambienti ultraconservatori statunitensi.
In 192 pagine e 246 paragrafi, il Papa parla di ecologia come studio dell’ oîkos , in greco la «casa» di tutti. Della responsabilità per il «bene comune» contro il rischio concreto di autoannientamento. L’incipit cita il Cantico delle Creature del santo di cui Bergoglio ha preso il nome: San Francesco è «patrono» e «testimone» di una «ecologia integrale», che ci fa riconoscere nella natura «lo splendido libro nel quale Dio ci parla» e dove ciascuna creatura ha un valore ed è un fine in sé. L’uomo è un essere «personale» ma non è il padrone della natura. E la natura non è materia bruta a nostra disposizione, gli esseri viventi non sono «meri oggetti» di sfruttamento e profitto ma «hanno un valore proprio di fronte a Dio». Del resto l’ecologia è sempre anche « ecologia umana», nel mondo tutto è collegato, la fragilità della Terra e dei poveri, gli squilibri ambientali e sociali, la speculazione finanziaria, le armi e le guerre. Il santo di Assisi parlava della terra come «madre» e «sorella» e guardava ai poveri. Così Francesco scrive che «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale e deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della Terra quanto il grido dei poveri». Tra l’altro, scrive: «Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi».
Bergoglio elenca i guasti della «crisi ecologica»: riscaldamento globale, cambiamento climatico, inquinamento, innalzamento dei mari, impoverimento della biodiversità, distribuzione iniqua del cibo, la carenza e il diritto di tutti all’acqua. Denuncia «l’inequità» planetaria: «il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo» ma «non accade la stessa cosa» per lo sfruttamento delle risorse e quello che è «un vero debito ecologico soprattutto tra Nord e Sud del mondo». Punta il dito contro la «debolezza» della politica internazionale: «È indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche libertà e giustizia». Così denuncia la «globalizzazione del paradigma tecnocratico» che si riflette nel «consumismo ossessivo» e «tende ad esercitare un dominio anche su economia e politica».
Ci sono passaggi durissimi: «I poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente». E ancora: «È prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre». Tutti devono avere il coraggio di impostare progetti a lungo termine anziché cercare il potere. Ne va della nostra sopravvivenza, dell’armonia del creato: «Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi».
Gian Guido Vecchi
In Vaticano c’è grande irritazione, la «violazione delle regole di correttezza» è considerata una mossa deliberata «contro il Papa e contro l’enciclica», per indebolire la presentazione di un testo che critica lo squilibrio tra Nord e Sud del mondo e la politica ambientale dei Paesi più potenti, parla della «regola d’oro» della «subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni», e aveva subìto un fuoco di sbarramento prima della pubblicazione soprattutto negli ambienti ultraconservatori statunitensi.
In 192 pagine e 246 paragrafi, il Papa parla di ecologia come studio dell’ oîkos , in greco la «casa» di tutti. Della responsabilità per il «bene comune» contro il rischio concreto di autoannientamento. L’incipit cita il Cantico delle Creature del santo di cui Bergoglio ha preso il nome: San Francesco è «patrono» e «testimone» di una «ecologia integrale», che ci fa riconoscere nella natura «lo splendido libro nel quale Dio ci parla» e dove ciascuna creatura ha un valore ed è un fine in sé. L’uomo è un essere «personale» ma non è il padrone della natura. E la natura non è materia bruta a nostra disposizione, gli esseri viventi non sono «meri oggetti» di sfruttamento e profitto ma «hanno un valore proprio di fronte a Dio». Del resto l’ecologia è sempre anche « ecologia umana», nel mondo tutto è collegato, la fragilità della Terra e dei poveri, gli squilibri ambientali e sociali, la speculazione finanziaria, le armi e le guerre. Il santo di Assisi parlava della terra come «madre» e «sorella» e guardava ai poveri. Così Francesco scrive che «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale e deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della Terra quanto il grido dei poveri». Tra l’altro, scrive: «Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi».
Bergoglio elenca i guasti della «crisi ecologica»: riscaldamento globale, cambiamento climatico, inquinamento, innalzamento dei mari, impoverimento della biodiversità, distribuzione iniqua del cibo, la carenza e il diritto di tutti all’acqua. Denuncia «l’inequità» planetaria: «il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo» ma «non accade la stessa cosa» per lo sfruttamento delle risorse e quello che è «un vero debito ecologico soprattutto tra Nord e Sud del mondo». Punta il dito contro la «debolezza» della politica internazionale: «È indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche libertà e giustizia». Così denuncia la «globalizzazione del paradigma tecnocratico» che si riflette nel «consumismo ossessivo» e «tende ad esercitare un dominio anche su economia e politica».
Ci sono passaggi durissimi: «I poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente». E ancora: «È prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre». Tutti devono avere il coraggio di impostare progetti a lungo termine anziché cercare il potere. Ne va della nostra sopravvivenza, dell’armonia del creato: «Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi».
Gian Guido Vecchi
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