Raid aereo Usa in Libia contro leader di Al Qaeda

Raid aereo Usa in Libia contro leader di Al Qaeda

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WASHINGTON La Libia come arena per le operazioni speciali americane. Aerei statunitensi hanno condotto un raid nella notte di sabato nella zona di Ajdabyia colpendo un edificio dove era in corso una riunione di estremisti. Secondo fonti libiche nell’attacco potrebbe essere stato ucciso Mokhtar Belmkothar, detto «l’intoccabile» ma anche «Marlboro» e «il Guercio», esponente di primo piano qaedista. Washington per ora è prudente: ufficiali hanno confermato alla rete Abc che il bersaglio era proprio il terrorista, ma non ci sono dati certi sull’esito dell’operazione. «Sono in corso valutazioni dell’intelligence», è stata la spiegazione.

Non appena si è diffusa la notizia del bombardamento, dalla Libia sono rimbalzate molte versioni, difficili da verificare. Il governo di Tobruk — riconosciuto dagli occidentali — ha annunciato la morte di Belmokhtar. Altre indiscrezioni hanno invece ipotizzato che il target sia stato il vertice della formazione Ansar al Sharia. Poi si è fatto il nome di Sufian bin Qumu, un dirigente islamista collegato all’assassinio dell’ambasciatore americano Chris Stevens a Bengasi.
Se fosse confermata la fine violenta di Belmokhtar sarebbe senza dubbio un evento importante, suscettibile di conseguenze più ampie. Mokhtar, leader del movimento Morabitun, è stato coinvolto in rapimenti, attacchi, traffici d’ogni tipo ed ha organizzato, nel 2013, la famosa presa d’ostaggi all’impianto di In Amenas, in Algeria. Figura leggendaria e temuta, contrabbandiere e jihadista, l’estremista si è conquistato un ruolo (e uno spazio) nella regione trovando alleati ma anche rivali tra gli stessi emiri dei mujaheddin, irritati dalla sua autonomia. Inoltre, dopo la cacciata di Gheddafi, ha creato basi anche in Libia dove si rifornito di armi e reclute. Ricercato da molti paesi, è diventato un most wanted per gli Usa che hanno messo sulla sua testa una taglia di 5 milioni di dollari. Un particolare che insieme ai ripetuti annunci di morte (poi sempre smentiti) ne hanno aumentato il peso nell’arena jihadista. Di recente si è anche ipotizzato di un suo atto di fedeltà all’Isis ma la svolta è stata in seguito negata.
L’altro aspetto dell’incursione riguarda la strategia della Casa Bianca. Anche se Obama ha sempre cercato di tenersi a distanza dalla crisi libica, ritenendo che fosse un dossier europeo, si è riservato il diritto d’azione. Lo dimostrano due episodi. Il 5 ottobre 2013 un commando della Delta Force ha catturato a Tripoli l’esponente qaedista Abu Anas al Libi. Scenario ripetuto nel giugno del 2014 con il colpo di mano che ha portato all’arresto, sempre in Libia, di Abu Khattala, accusato di essere coinvolto nell’omicidio Stevens. Due elementi poi trasferiti in territorio statunitense per essere processati.
A questi blitz spettacolari è ora seguito l’intervento dei caccia. Con un’anteprima passata quasi sotto silenzio e da noi raccontata su Corriere.it . Il 28 maggio quattro caccia F15 americani, accompagnati da cinque aerocisterna, sono decollati da una base in Gran Bretagna ed hanno condotto una misteriosa missione sui cieli della Libia. Tutto nel riserbo più assoluto. Anche in quell’occasione hanno sganciato bombe e missili?
L’intensificarsi di queste attività è coinciso con i molti allarmi per la presenza dello Stato islamico e di altre fazioni estremiste sul territorio libico. Una realtà non omogenea, fluida e aggravata dalla decomposizione del paese, spaccato da milizie e retto da due governi, uno a Tobruk e l’altro a Tripoli. Tanto è vero che da alcuni giorni i seguaci dell’Isis si danno battaglia con i rivali di Al Qaeda a Derna, la città dove il Califfo ha messo radici.
Guido Olimpio


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