L’unico lavoro che cresce è quello con i vou­cher

L’unico lavoro che cresce è quello con i vou­cher

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Analisi. Il nuovo fenomeno dei “buoni lavoro”: in sei anni sono passati da 25 mila a più di un milione. Nelle comunicazioni del Ministero di Poletti l’incidenza dei contratti a tempo indeterminato resta limitata: solo il 13%. Il lavoro in realtà è sempre più precario e il 18% dura un solo giorno

Dopo 40 giorni dalla chiu­sura del tri­me­stre, secondo i dati con­so­li­dati del Mini­stero del Lavoro si regi­stra un aumento totale di 30.967 rap­porti di lavoro al netto delle ces­sa­zioni rispetto al primo tri­me­stre del 2014, il 60% riguar­dano gli uomini. Que­sto aumento è trai­nato dai con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato: +76 mila con­tro il dato nega­tivo dello scorso anno quando i con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato erano dimi­nuiti di 40.961 unità. Tut­ta­via l’incidenza del con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato sul totale dei nuovi rap­porti netti resta limi­tato (13%): sono i con­tratti a tempo deter­mi­nato quelli più dif­fusi, con un’incidenza del 79% sul totale, nono­stante subi­scano una ridu­zione in ter­mini asso­luti rispetto al primo tri­me­stre del 2014.

dati lavoro voucher

Alle donne spetta la quota più signi­fi­ca­tiva di con­tratti di col­la­bo­ra­zione e para­su­bor­di­nati: le 43 tipo­lo­gie con­trat­tuali che avreb­bero dovuto essere rifor­mate con un decreto attua­tivo finito appa­ren­te­mente nel dimen­ti­ca­toio. Nel con­fronto ten­den­ziale tra set­tori esi­ste una ripresa nell’industria dove si regi­stra un aumento dell’incidenza di nuovi con­tratti di 4 punti per­cen­tuali (dal 12 al 16%). Per ser­vizi e agri­col­tura l’incidenza dimi­nui­sce rispet­ti­va­mente di uno e due punti per­cen­tuali, al netto delle ces­sa­zioni. Tut­ta­via, è pro­prio il set­tore dell’agricoltura a spin­gere il numero com­ples­sivo delle atti­va­zioni nette.Pur­troppo i dati del Mini­stero non for­ni­scono alcun det­ta­glio sul tipo dei con­tratti sti­pu­lati in cia­scun set­tore e le fasce ana­gra­fi­che inte­res­sate da cia­scuna tipo­lo­gia con­trat­tuale, infor­ma­zioni chiave per capire dove va il mer­cato del lavoro. Esi­stono altre infor­ma­zioni per capire se, e in che modo, il mer­cato del lavoro sta cam­biando come vor­rebbe farci cre­dere il governo. Ana­liz­zando i dati rela­tivi alla durata dei con­tratti ces­sati nel periodo, non si nota alcun miglio­ra­mento qua­li­ta­tivo degno di nota: il 45% dei con­tratti ces­sati nel tri­me­stre ha avuto una durata infe­riore al mese e il 18% addi­rit­tura al giorno lavo­ra­tivo. Dal primo tri­me­stre 2014, non è cam­biato asso­lu­ta­mente nulla: il mer­cato del lavoro ita­liano è carat­te­riz­zato dall’instabilità lavo­ra­tiva e di con­se­guenza dalla pre­ca­rietà eco­no­mica e sociale. La pre­va­lenza dell’instabilità lavo­ra­tiva è con­fer­mata dal dato per cui cia­scun lavo­ra­tore, indi­pen­den­te­mente dalla fascia di età, ha sti­pu­lato media­mente nel periodo almeno 1.4 con­tratti, di cui non si cono­sce la tipologia.

Non potrebbe essere altri­menti in un Paese in cui il numero di buoni lavoro, i vou­cher, è aumen­tato tra il 2008 e il 2014 di 40 volte. I lavo­ra­tori inte­res­sati da con­tratti tra­mite vou­cher sono pas­sati da 25 mila nel 2008 a oltre un milione alla fine del 2014, con un numero di 63 con­tratti medi per lavo­ra­tore, che cor­ri­spon­dono a 63 ore di lavoro effet­tuato. Una realtà che stride con le sem­pre più goffe dichia­ra­zioni del Pre­si­dente del Con­si­glio Renzi secondo il quale biso­gna per­se­ve­rare con mag­giore con­vin­zione sulle riforme che fin’ora hanno solo aumen­tato le disu­gua­glianze eco­no­mi­che e sociali senza risol­vere la disoc­cu­pa­zione strut­tu­rale e la più che decen­nale sta­gna­zione dell’industria italiana.



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