«In uno scenario senza guida Mosca si sente sotto assedio Ora sarà muro contro muro»

«In uno scenario senza guida Mosca si sente sotto assedio Ora sarà muro contro muro»

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GARMISCH-PARTENKIRCHEN (Germania) «È paradossale e anche triste: gli americani si sono resi conto che la loro strategia nei confronti di Mosca non ha funzionato e la visita di John Kerry a Sochi, l’incontro con Putin, sta a testimoniarlo. Ricucire è impossibile, ma vorrebbero almeno evitare un ulteriore deterioramento dei rapporti. I meccanismi che si sono innescati rischiano, però, di produrre una situazione opposta» commenta dall’altra parte del mondo, da Los Angeles, il politologo Ian Bremmer, fondatore e capo dell’agenzia di analisi dei rischi internazionali Eurasia, mentre qui, sulle Alpi bavaresi, arrivano i leader occidentali che oggi e domani nel castello di Elmau daranno vita al vertice annuale del G7, padrona di casa Angela Merkel.
«Parallelamente — continua Bremmer — anche il presidente russo cerca a suo modo di non finire su un piano inclinato: ha compiuto atti gravi in Ucraina, violazioni del diritto internazionale, ma nell’intervista al suo giornale spiega con efficacia cosa lo ha spinto, perché si sentiva assediato: l’Ucraina come una sorta di tentativo di riequilibrio geostrategico “low cost” per arginare l’espansione verso Est dell’influenza della Nato. Eppure, benché anche l’intenzione di Putin sembri quella di raffreddare, rischiamo di assistere nei prossimi giorni a un inasprimento del “muro contro muro” tra il Cremlino e l’Occidente. Mi aspetto un rinnovo delle sanzioni contro la Russia per altri sei mesi. Poi ci sono le nuove tensioni sulle difese antimissile e lo scontro sui missili a medio raggio in Europa».
Nell’intervista pubblicata ieri dal «Corriere», Putin nega di aver scelto la strada del conflitto. Cita Bismarck per sostenere che non sono importanti i toni, ma il potenziale effettivo: e quello militare russo non è cresciuto per molti anni, mentre quello americano sì. La Nato ha scelto una strategia avvolgente e alla fine, con la rivoluzione in Ucraina, Mosca ha ritenuto che fossero minacciati i suoi interessi vitali. Quanto c’è di vero, secondo lei?
«È un’intervista interessante, soprattutto laddove Putin parla di riequilibrio strategico. La storia dei rapporti con la Nato è lunga, bisognerebbe tornare agli anni della cooperazione con Eltsin. E se c’è uno squilibrio non lo risolvi con un’invasione. Ma non c’è dubbio che agli occhi di Putin tutte le azioni americane degli ultimi anni siano apparse come tentativi di ridimensionare la Russia: l’allargamento della Nato; la difesa missilistica, goffamente presentata come una misura per proteggersi da possibili attacchi dall’Iran, mentre invece serviva a rassicurare gli alleati Usa in Europa orientale; gli interventi nella politica energetica dell’Eurasia. Infine la rivolta contro il regime in Ucraina. L’Ucraina era la vera linea rossa per Putin. E lui sapeva bene che Stati Uniti ed Europa non avrebbero mai potuto avere la determinazione di Mosca in questo scacchiere».
Un’analisi del genere dovrebbe portare a un tentativo di riavvicinamento, invece qui si sente parlare di una possibile «escalation» missilistica mentre in Ucraina la tensione sale di nuovo.
«La volontà americana di tenere aperto il dialogo sicuramente c’era: significherà anche qualcosa il fatto che Kerry ha discusso per quattro ore con Putin non di Ucraina ma di tutte le altre questioni, dal terrorismo in giù, sulle quali Usa e Russia hanno interessi comuni, anche se non necessariamente convergenti. Ma la promessa di tenere a bada i ribelli filorussi in Ucraina non è stata mantenuta. E senza un vero congelamento della crisi in quel Paese un riavvicinamento è impossibile. Quanto ai missili, col senno di poi forse la Nato avrebbe potuto rinun ciare al nuovo scudo, ma adesso che la Russia ha reagito con un’azione che viola il trattato su quelli a medio raggio, il rischio di un altro scontro è forte».
A parte l’eventuale nuovo «round» di sanzioni, cosa si aspetta dal G7? Iniziative sulla Grecia? Un piano contro il «Global Warming» da portare alla conferenza ambientale di Parigi di fine 2015?
«Non sono ottimista: sulla Grecia e gli eccessi di austerity Obama dice cose sensate, ma mi pare che gli Usa siano ai margini del dibattito. Sull’ambiente e la conferenza di Parigi non mi faccio illusioni. Mentre una questione centrale come quella dell’ascesa della Cina e la sua aggressività in Estremo Oriente, nell’agenda del G7 non c’è. Questo è sempre più un mondo G-Zero, senza timonieri. È triste ma è così».
Massimo Gaggi


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