Insegnanti in sciopero in Francia contro la riforma delle medie

Insegnanti in sciopero in Francia contro la riforma delle medie

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Inse­gnanti in scio­pero ieri e un grosso cor­teo a Parigi, con­tro la riforma della scuola media pro­po­sta dalla mini­stra Najat Vallaud-Belkacem. Una par­te­ci­pa­zione al 50% per i sin­da­cati che si oppon­gono (Fsu, Cgt, Fo, Sud, men­tre Unsa e Cfdt sosten­gono la riforma), al 27% secondo il mini­stero, per una gior­nata di mobi­li­ta­zione che segnala un cre­scente divor­zio tra mondo della scuola e Ps.

Lo scio­pero arriva dopo più di un mese di feroci pole­mi­che, che hanno visto la sini­stra spac­carsi, gli intel­let­tuali insul­tarsi e voci più o meno appros­si­ma­tive dif­fon­dersi con­tro una riforma che, per i suoi nume­rosi detrat­tori, segne­rebbe addi­rit­tura “la fine della Fran­cia”. La destra ha messo il cap­pello sulla pro­te­sta, sve­lando, con la pro­po­sta del depu­tato Ump Bruno Le Maire, quali sono i suoi obiet­tivi: la fine della media unica, che avrebbe fatto crol­lare il livello degli allievi. Intel­let­tuali come il rea­zio­na­rio Alain Fin­kiel­kraut, Michel Onfray o Régis Debray, rag­giunti anche dall’ex mini­stro socia­li­sta Jack Lang e da Jean-Luc Mélen­chon pro­te­stano con­tro una riforma che livel­le­rebbe verso il basso l’insegnamento. Spe­cia­li­sti dell’educazione e socio­logi, come Antoine Prost, Phi­lippe Merieu, Fra­nçois Dubet, ma anche lo psi­chia­tra Borsi Cyrul­nik rispon­dono che è assurdo arroc­carsi sulla difesa di una scuola che non ha fa altro che ripro­porre pro­grammi di un secolo fa, stu­diati per la for­ma­zione delle élite, lasciando sul bordo della strada la mag­gio­ranza dei gio­vani, in un mondo che è cambiato.

Najat Vallaud-Balkacem ha pro­po­sto una riforma par­tendo da una con­sta­ta­zione, che nes­suno con­te­sta: ogni anno, 140mila ragaz­zini, cioè un allievo su sei, escono dalla scuola dell’obbligo senza nes­sun diploma. Le inchie­ste Pisa dell’Ocse da anni met­tono in evi­denza che la scuola fran­cese è una delle più ingiu­ste nei paesi indu­stria­liz­zati: è ottima per i buoni allievi (in mag­gio­ranza con ori­gini sociali ele­vate) ed è invece pes­sima per i più deboli. Il livello medio cala, per­ché i più deboli per­dono ter­reno e il numero dei “bravi” decresce.

La pro­te­sta è par­tita da una bat­ta­glia ideo­lo­gica sul con­te­nuto dei pro­grammi di sto­ria. Lasciando mag­giore auto­no­mia agli isti­tuti sco­la­stici e agli inse­gnanti, la riforma pre­vede una parte “obbli­ga­to­ria” e dei temi “a scelta”: alcuni, leg­gendo che la sto­ria dell’islam è “obbli­ga­to­ria” vi hanno visto l’abbandono della sto­ria del cri­stia­ne­simo (o dell’Illuminismo), altri un pro­getto di inse­gna­mento di una sto­ria “del pen­ti­mento”, che dà troppo spa­zio al colo­nia­li­smo men­tre abban­do­ne­rebbe “il romanzo nazio­nale” dei grandi uomini. La pole­mica si è poi infuo­cata sul latino, sul greco e sul tede­sco, le tre mate­rie che finora ser­vi­vano da stra­te­gia per la classe media per aggi­rare i lati peg­giori della media unica e met­tere i figli in “classi di livello”. L’eccellenza non è di destra, dicono i difen­sori delle lin­gue anti­che. Sta di fatto che alle medie il latino è scelto come opzione dal 20% degli allievi, il greco dal 3% e que­ste per­cen­tuali crol­lano poi al liceo (alle medie sono i geni­tori che scel­gono, al liceo inter­ven­gono i diretti inte­res­sati). Con la riforma, latino e greco entre­ranno in un più gene­rale modulo (facol­ta­tivo) di Lin­gue e cul­ture dell’Antichità, com­preso nel pro­getto degli Epi, inse­gna­menti pra­tici inter­di­sci­pli­nari. C’è una levata di scudi con­tro gli Epi, per­ché rom­pono la tra­di­zione di “un’ora-una materia-un inse­gnante” e spin­gono alla coo­pe­ra­zione tra disci­pline diverse, per lot­tare con­tro “la noia”, infe­lice affer­ma­zione della mini­stra Vallaud-Belkacem che è stata inter­pre­tata dagli inse­gnanti come un attacco per­so­nale. Inol­tre, l’autonomia lasciata agli isti­tuti sco­la­stici per il 20% del con­te­nuto degli inse­gna­menti fa temere ad alcuni una deriva verso lo stra­po­tere dei pre­sidi. C’è chi teme che con que­sto sistema le dif­fe­renze di qua­lità tra isti­tuti si accen­tui, a sca­pito delle scuole della ban­lieue. La riforma vuole intro­durre l’insegnamento di due lin­gue stra­niere fin dalla Sixième (la nostra prima media), ma per­sino l’ambasciatrice della Ger­ma­nia è scesa in campo, temendo che l’abolizione delle classi “euro­pee” e “bilin­gui” (con inse­gna­mento raf­for­zato delle lin­gue, seguite oggi dal 16% degli allievi) fac­cia indie­treg­giare il tede­sco (dopo l’inglese, la seconda lin­gua scelta è lo spa­gnolo), con l’estensione delle due lin­gue a tutti i 3,2 milioni di iscritti alle medie.



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